Home Alunni Si chiama voto sintetico, si legge “modello ordine e disciplina”: per la...

Si chiama voto sintetico, si legge “modello ordine e disciplina”: per la senatrice Malpezzi (Pd) la valutazione del Governo Meloni è un paradosso pedagogico

CONDIVIDI

Tornare al voto sintetico nella scuola primaria sarebbe una sconfitta: a sostenerlo è Simona Malpezzi, senatrice del Pd e vicepresidente della Commissione bicamerale Infanzia e adolescenza. Riprendendo i concetti espressi alcuni giorni fa da alcune associazioni durante una conferenza stampa svolta alla Camera per opporsi all’emendamento presentato un mese fa dal governo, relatrice Ella Bucalo, in Commissione Cultura del Senato durante l’esame del DDL sul voto in condotta, sul ‘Corriere della Sera’ la senatrice dem è uscita allo scoperto.

Durante la conferenza a Roma, Anna D’Auria, del Movimento di Cooperazione Educativa, aveva fortemente contestato la volontà dell’esecutivo Meloni, citando anche il ministro Giuseppe “Valditara che ha anche chiesto che venisse introdotto il ‘gravemente insufficiente’”.

Quello che il governo sta portando avanti, ha detto Malpezzi, è il “tentativo di scardinare il modello di scuola che mette al centro il raggiungimento e la valorizzazione delle competenze dello studente: un paradosso pedagogico e formativo che pare non preoccupare in nessun modo il governo intenzionato a riproporre, come sta facendo in tutti gli interventi che riguardano la scuola, un modello ordine e disciplina utile più per un facile consenso di pancia che per la crescita complessiva delle ragazze e dei ragazzi”.

Quindi, Malpezzi si chiede: “Si può cancellare una riforma importante per la scuola con un semplice emendamento e senza consultare nessuno? Per questa maggioranza, che conosce solo il potere dei numeri, sì”.

Quindi, la dem “bolla” l’emendamento del governo come “l’ennesimo provvedimento ideologico” che non tiene conto del “grido di allarme che pedagogisti, educatori, ricercatori, esperti del mondo della scuola hanno lanciato. Perché con questa scelta incomprensibile non si cancella semplicemente una legge, ma un percorso culturale e un modello di fare scuola. La riforma della valutazione del 2020, infatti, ha introdotto la valutazione formativa nella prospettiva della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti”.

Invece, ha concluso la senatrice del Pd, “senza nessun dato oggettivo, senza la minima verifica dei risultati per valutare l’efficacia del lavoro avviato e in un contesto dove aumentano gli episodi di ansia dei nostri ragazzi rispetto ad un mondo che chiede loro di essere sempre e solo super performanti, si vuole spazzare via una risorsa fondamentale per la crescita in autonomia delle bambine e dei bambini. Per ragioni ideologiche, senza confrontarsi con il mondo della scuola, non verificando le esperienze in atto, si cancella il processo di rinnovamento delle pratiche valutative”.