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Tagli in arrivo: più di 100 scuole perderanno subito autonomia, preside, Dsga e gli assistenti amministrativi – IL PUNTO

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Avranno effetto già nel 2023 gli accorpamenti di quasi 700 scuole decise con l’ultima Legge di Bilancio e da adottare nei prossimi anni: la Conferenza delle Regioni sarebbe stata contattata dal ministero dell’Istruzione per decidere quali istituti unire nei prossimi mesi. L’Ansa ha riportato che sul breve periodo tra le Regioni più penalizzate vi sarebbe la Campania, con oltre 140 fusioni, accompagnate da tagli di personale, di dirigenti scolastici (e quindi di Dsga). Segue la Sicilia con 109 accorpamenti, poi la Calabria con 79, la Puglia con 66, la Sardegna con 45, il Lazio con 37. I tagli andrebbero a toccare anche centinaia di posti di personale Ata, in particolare verranno meno gli assistenti amministrativi (quelli di ruolo cambieranno sede, mentre i precari dovranno sperare di essere richiamati altrove) poiché con le scuole autonome salteranno anche centinaia di segreterie didattiche, economiche e del personale.

L’opposizione insorge

La notizia non è piaciuta ad alcuni governatori, soprattutto del Sud: quello della Regione Campania, Vincenzo De Lucaha fatto sapere che ci sono le condizioni di “impugnare la decisione del governo sul dimensionamento scolastico davanti alla Corte Costituzionale. Siamo i primi a farlo e speriamo che altre regioni del Mezzogiorno ci seguano”.

Alessio D’Amato, candidato per il centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio, ha detto che il suo raggruppamento condivide “la battaglia di De Luca”, perché bisogna dire “no al decreto Spacca Italia. Chi vota per me sa che vota contro la divisione del Paese che crea di fatto cittadini di serie A e di serie B con danni irreversibili per la scuola e la sanità”, dunque “il decreto Calderoli penalizza Roma e il Lazio”.  

Dello stesso parere è la deputata Barbara Floridia, del M5s ed ex sottosegretaria: “la scuola pubblica è chiaramente sotto attacco: Valditara ha riesumato le gabbie salariali, la bozza sulle autonomie, vuole spaccare la scuola pubblica in 20 sistemi scolastici differenti e il governo ha programmato tagli per 4 miliardi e la riduzione degli istituti. È il momento di fare fronte comune”, ha concluso la grillina.

Ma la denatalità è un fattore oggettivo

Tuttavia, le condizioni per la riduzione di scuole autonome sembrerebbero esservi. Ancora di più perché nessun Governo ha pensato bene, ma neanche ha tentato, di ridurre i parametri che portano alla formazione delle classi.

Si calcola che nel prossimo decennio a causa della forte denatalità si passerà dagli attuali 8 milioni abbondanti di alunni a meno di 7 milioni. Fino a sprofondare a circa 6,7 milioni nel 2034.

“Questa forte decrescita, insieme ai vincoli imposti dall’Ue con il Pnrr, è il motivo per il quale la Legge di Bilancio ha previsto una norma sul cosiddetto dimensionamento scolastico con un taglio calcolato di sedi e organico che avranno effetto principalmente a partire dal 2024/2025 ma che farà sentire i primi effetti già dal prossimo anno scolastico”, spiega ancora l’Ansa.

Valditara: si eliminano le reggenze

A sentire il ministro Giuseppe Valditara, quindi, gli accorpamenti delle scuole sarebbero un’operazione molto meno evidente rispetto a quella conseguente al vistoso calo di nascite: il numero uno del dicastero dell’Istruzione, qualche settimana fa, ha definito infatti l’operazione come un “efficientamento della presenza della dirigenza sul territorio, eliminando l’abuso della misura della reggenza” senza prevedere “chiusure di plessi scolastici”.

Inoltre, sempre per Valditara, il Governo Meloni avrebbe “mitigato gli effetti delle normative precedenti e osservato i vincoli dell’Ue in attuazione del PNRR: non si può essere europeisti a corrente alternata”.

La contrarietà dei sindacati

Di diverso avviso si sono detti i sindacati: “si scrive dimensionamento scolastico ma si chiamano tagli. Far passare i tagli previsti dalla legge di bilancio come scelte coerenti con gli obiettivi del PNRR e misure volte all’eliminazione del fenomeno delle reggenze è ridicolo”, ha Francesco Sinopoli, segretario generale Flc-Cgil.

In effetti, verranno meno le reggenze. Ma ai presidi verranno affidati ancora più plessi. A fine 2023 ha provato a spiegare perché l’Usb Scuola: il sindacato di base ha scritto che “la gran parte degli istituti scolastici, in particolare degli istituti comprensivi, è composta da almeno tre plessi, spesso dislocati su comuni diversi con una molteplicità di problemi legati ai trasporti, alla gestione del personale da parte delle segreterie, alla costanza di rapporti con la dirigenza, oltre che alla carenza di organico docente e ATA, con collaboratori scolastici spesso costretti a lavorare in solitaria in un plesso, docenti sballottati da un comune all’altro, referenti di plesso che si ergono a generali di un esercito esausto”.

Ora, con questo dimensionamento, continua l’Usb Scuola, “quanti plessi dovrà gestire, quindi, ogni singolo dirigente scolastico? Quanto aumenterà il carico di lavoro del personale amministrativo che gestisce i lavoratori, mantenendo fermi i limiti alle supplenze, vietate quando la segreteria è composta da più di tre unità e per assenze di durata inferiore ai trenta giorni?”. Si attendono risposte.

Anche secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “invece di prendere al volo l’occasione d’oro della diminuzione del tesso di denatalità e abbinarvi il sostegno dei miliardi del Pnrr alla scuola, si sta procedendo in direzione opposta. Non si possono tagliare le scuole autonome e le unità di personale che vi lavorano, ma occorre sdoppiare le classi, ridurre il numero alunni per classe, aumentare gli organici di insegnanti e Ata, a cominciare dall’organico aggiuntivo che abbiamo avuto nell’ultimo biennio e che è venuto meno nel periodo del massimo bisogno, quale è quello del Pnrr che sta portando progetti e masse di lavoro senza precedenti”, ha concluso Pacifico.

Cristina Costarelli, presidente Anp Lazio, ha tenuto a sottolineare che “è vero che con la norma del dimensionamento non vengono chiusi i plessi ma viene modificata la grandezza dell’istituzione scolastica: prima era possibile anche con i numeri bassi tenere aperte le cosiddette sedi sottodimensionate”.

“Nella previsione di questo nuovo assetto non ci sarebbero più e verrebbero costituite sedi scolastiche più grandi”, ha detto ancora la dirigente del liceo Newton di Roma.