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Testi musica trap violenti? La difesa dei cantanti: “Qualunquismo, come se la donna non fosse mai stata trattata come oggetto”

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Alla luce dei recenti fatti di cronaca relativi ad atti di violenza contro le donne, come l’omicidio di Giulia Cecchettin, in molti ritengono fallita l’azione degli educatori, scuola e famiglia: come molti sottolineano, i modelli di vita dei ragazzi sono spesso figure che strizzano l’occhio alla criminalità.

C’è chi punta il dito contro un certo tipo di musica, e soprattutto di testi delle canzoni: il trap. Lo ha fatto l’attrice Cristiana Capotondi: “Ma l’avete ascoltata la musica trap, di come viene trattata la donna nella musica trap? La ascoltano gli adolescenti. Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto tale per cui ti tolgo la vita”, ha detto a In Altre Parole su La7.

La colpa è davvero della musica?

Come riporta La Repubblica, i trapper non ci stanno. Ecco le parole di Luché: “Quanto qualunquismo in classico stile italiano. Come se la donna non fosse mai stata trattata come un oggetto nelle fantasie degli italiani, sin dall’inizio delle televisioni private dagli anni Ottanta a oggi”.

Ancora più diretta la risposta del rapper milanese Niky Savage: “Mi sono rotto di sentirmi associato a questa m***a. ‘L’avete sentita la musica trap?’, sì ed è meglio di sentire certe ca***te che dite. Vorrei tanto sapere che musica ascoltino, sono sicuro che rimarremmo tutti stupiti! Detto questo, portiamo rispetto alle povere ragazze vittime di queste bestie, e alle loro famiglie”.

La rivista Esse, una sorta di bibbia del mondo rap, ha scritto: “A volte si ha la sensazione che a pagare il fallimento delle strutture educative convenzionali (in primis la famiglia, poi la scuola, lo sport e tutto il resto) sia sempre qualcosa che, nella società non ha il ruolo di educare e formare. E quasi sempre la musica e gli idoli che essa produce. Se la musica è nella posizione di “plasmare” ragazzini (posto che questo sia vero), è perché questi non hanno gli strumenti per distinguere i diversi piani. E, anche qui, è colpa di un vuoto imputabile al fallimento di famiglia, scuola e politica. Non si può essere certi che la musica non sia parte del problema. Ma di sicuro è un problema troppo più grande per ridurlo solo a questo”.

I ragazzi non hanno modelli di vita

I ragazzi hanno dei modelli di vita cattivi o non ne hanno proprio? Questa la domanda che si è posto giorni fa il giornalista Carlo Baroni, su Il Corriere della Sera, raccontando un aneddoto relativo ad un docente, che ha posto la domanda fatidica ad un ragazzo: “Chi sono le tue figure di riferimento?”.

La risposta è spiazzante. “Lui ci pensò e rispose che non gli veniva in mente nessuno. Nessuno che lo ispirasse. Poteva cavarsela magari con il nome di un rapper. O del bomber della squadra del cuore. Preferì la via della sincerità. Non vedeva nessun modello di vita intorno a sé”, ha raccontato il docente, sorpreso.

Né i genitori, né un idolo musicale, né un campione sportivo: nessuno. Questa mancanza di un modello a cui ispirarsi non suggerisce nulla di buono. “La stessa domanda trent’anni fa avrebbe avuto un’altra risposta. Esistevano ancora gli ‘eroi’. O quantomeno donne e uomini che noi ritenevamo tali. Non che il mondo fosse un posto migliore per viverci. Solo ci sembrava ci desse più speranza. Sono cambiati i ragazzi di oggi? Difficile fare confronti. Ma l’idea è che siano i grandi a latitare”, ha scritto il giornalista.

Il procuratore capo della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri recentemente ha detto che “c’è un decadimento tra i giovani (che non sanno scrivere neanche più in italiano), le loro famiglie (ci sono genitori che a 45 anni vogliono fare i 20enni), e la colpa è perché i governi negli ultimi 10 anni non hanno voluto investire in istruzione”.

“Oggi ai ragazzi non bisogna parlare di etica, ma di soldi, solo così i ragazzi ti ascoltano. Bisogna loro spiegare quanto guadagna un corriere della droga, ma anche cosa rischia. Oggi non si conta in base a cosa si è, ma in base a cosa si ha: un insegnante che arriva con una vecchia Fiat Tipo a scuola è visto dai ragazzi come uno sfigato. Mentre il cafone che arriva al pub con il Suv è visto come un esempio”, ha concluso, facendo un paragone.

Mare Fuori: cattivo esempio?

Gratteri ha tirato in ballo anche le serie tv, dal suo punto di vista colpevoli dell’imbruttimento degli atteggiamenti dei ragazzi, a suo dire sempre più violenti. Probabilmente, visto anche la location in cui ha proferito queste parole, ha fatto riferimento alla fiction Rai Mare Fuori.

La professoressa palermitana Giovanna Corrao ha discusso in merito al rischio di emulazione di figure negative che i giovani osservano in prodotti culturali nel genere (Mare Fuori, per chi non lo sapesse, è ambientata in un Ipm, un istituto penale minorile). Spesso, senza un filtro, senza la visione accompagnata dagli adulti, i ragazzini faticano a capire il messaggio della serie, il contesto, e finiscono per vedere personaggi criminali come eroi da seguire.

Ecco le parole della docente: “Mare Fuori è fatta bene. Ma i ragazzi molte volte non guardano lo spaccato drammatico. Molti dei protagonisti muoiono perché fanno quella vita. Loro mitizzano queste figure senza considerare che sono negative quindi bisognerebbe accompagnare sempre i ragazzi nella fruizione di queste serie”, questo il suo pensiero.

Cristina, diplomata al liceo musicale e in una scuola di recitazione, aspirante attrice del musical ispirato alla serie, è dell’avviso che non vi siano collegamenti tra serie tv e realtà: “Ho visto Gomorra e Mare Fuori e non ho mai ammazzato nessuno o messo le mani addosso. I problemi non arrivano dalle serie tv, ma molto spesso dai problemi della famiglia in cui si cresce e per questo bisogna aiutare i ragazzi da un punto di vista sociale, della scuola. Solo così i ragazzi non prendono o’ fierro, come dicono nelle serie, ma si impegnano in cose più vere per crescere bene”, questa la sua opinione.

In molti hanno criticato negli scorsi mesi anche molti cantanti, napoletani e non, i cui testi sono giudicati violenti e irrispettosi. A finire sotto i riflettori, ad esempio, è stato Geolier, che ha replicato così: “Non è possibile morire a 24 anni, nella stagione più bella dell’anno, per un parcheggio. A 16 anni nessuno dovrebbe avere una pistola. Nei quartieri i ragazzi devono cambiare mentalità e scappare da tutto questo male. Voglio dirgli che uscire soltanto per divertirsi con gli amici non è da deboli, che andare a scuola non è da scemi, che portare dei fiori a una tipa che gli piace non è una vergogna”, ha esordito.

“Io sono sempre stato come voi, capisco ogni vostra paura e il vostro punto di vista, era anche il mio fino a poco tempo fa. Non guardiamo per terra, i piedi e l’asfalto, vi assicuro che non è difficile alzare la testa e guardare in alto, il cielo, le stelle, dove tutto è bello anche se sembra inarrivabile. Anche io sono cresciuto nel rione dove parlare in italiano era da scemi, andare a scuola era da deboli. Ma il mondo non è questo”.