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Niki Savage alla festa di inizio anno scolastico: testi sessisti e violenti, i genitori protestano e il concerto viene annullato

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Quanto contribuisce la musica, e soprattutto i testi delle canzoni, nel plasmare l’universo identitario dei ragazzi? In tempi di frequenti episodi di violenza tra giovanissimi bisognerebbe riflettere sul messaggio che i personaggi famosi, tra cui cantanti e attori, trasmettono?

Qualcosa si è mosso a Castelfranco Veneto: qui, il prossimo 11 settembre, si sarebbe dovuto esibire il rapper milanese Niki Savage in vista dell’inizio della scuola, dedicata a ragazzi dai 14 ai 18 anni. Ma così non sarà: dopo le proteste da parte del mondo degli “adulti” il concerto è stato annullato. Lo riporta Il Corriere della Sera.

Una madre aveva mandato una lettera al sindaco

Ma quali adulti? Genitori, il parroco e perfino il sindaco. Ecco le parole di difesa del titolare del locale che doveva ospitare il live: “Abbiamo scelto un artista con oltre trenta milioni di visualizzazioni su Spotify Questa è la musica che viene ascoltata adesso e il mio lavoro è intercettare le mode del momento e produrre spettacoli. Se i testi delle sue canzoni vengono considerati osceni, dovrebbe esserci una protesta per la divulgazione del linguaggio scurrile nella musica, perché puntare il dito sui locali è sbagliato: noi siamo l’ultima ruota del carro dello spettacolo. Detto questo, io sono un padre di famiglia e abito qui. Per quieto vivere ho deciso di cancellare la presenza del rapper, anche se dovrò pagare una penale perché il contratto era già stato firmato”.

Felice e soddisfatto il sindaco di Castelfranco, Stefano Marcon: “Ringrazio il gestore del locale per essere andato incontro alla sensibilità collettiva senza sindacare. Sono venuto a conoscenza di questo evento tre giorni fa, perché è arrivata in Comune la lettera di una mamma, con il testo di una canzone di Savage in allegato: lei era indignata e noi, come amministratori, non abbiamo potuto far altro che condividere il suo stato d’animo”.

Inizialmente il primo cittadino aveva reagito invitando i genitori a non mandare i figli a questo evento, che si è già svolto in altre ottanta tappe in Italia, successivamente aveva cercato un confronto con il gestore del locale, trovando comprensione e collaborazione. “Chi organizza l’evento non è la causa del problema – rimarca il sindaco –. I problemi si annidano nei messaggi che vengono veicolati nelle canzoni e, pari merito, nelle case… i genitori sanno che musica ascoltano i figli?”.

“Non c’è collegamento tra parole e azioni, ma non possiamo assistere inermi”

Effettivamente i testi del rapper, come quelli di moltissimi altri artisti della scena musicale parlano delle donne come oggetti, parlano di violenza, di mancanza di rispetto. Interviene sulla questione anche don Gerardo Giacometti, della parrocchia di Castello di Godego, che per primo aveva affidato ai social la sua richiesta di depennare l’ospite dalla festa: “Non c’è collegamento diretto tra parole e azioni criminose ma l’aria che respiriamo è fatta di pensieri, parole, riflessioni, musiche, scelte tematiche. Le canzoni che veicolano un’idea violenta del sesso, di mancanza di rispetto e sottomissione della donna avvelenano l’aria che respiriamo: se assistiamo inermi, noi adulti tradiamo le responsabilità educative che abbiamo nei confronti dei giovani e veniamo meno al nostro compito di vigilare. Capisco la logica imprenditoriale che ha spinto il gestore del locale a chiamare quell’artista, ma ammiro che il suo senso di responsabilità e la solidarietà con il resto della comunità, messe sull’altro piatto della bilancia, pesino di più del profitto. Educare significa consegnare le nuove generazioni a una vita promettente e auspicabile. Se un imprenditore, di fronte alla sollevazione popolare, fa marcia indietro, compie un atto coraggioso che gli fa onore: è un’azione che, a lungo andare, beneficerà la sua attività imprenditoriale, perché conquista la fiducia dei suoi concittadini”, specifica.

Nella sua parrocchia partiranno a breve dei percorsi sull’affettività per ragazzi dai 10 ai 18 anni, con psicologi e pedagogisti. Nessuna risposta, almeno per ora, dall’entourage del cantante.

La Generazione Z insorge

Nel frattempo, sulla pagina Instagram Webboh, seguita in massa dalla Gen Z, molti ragazzi si dicono indignati: secondo questo ragionamento dovrebbero essere bannati tutti i rapper e tutti coloro che cantano testi “spinti”? Questi alcuni dei commenti, molti dei quali urlano alla censura:

“Allora dovrebbero impedire a tutti. Non lo ritengo giusto”.

“Breve descrizione del buonismo in Italia”.

“L’idea è anche comprensibile e condivisibile sotto certi punti di vista, ma non ha senso impedirlo a lui ma lasciare gli altri 30 che fanno canzoni con messaggi identici”.

“Mi sa che se andiamo avanti così nelle discoteche si canterà e si ballerà solo su ‘osanna eh osanna eh”'”.