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Una studentessa spacca il labbro alla prof, insorgono i Cobas: docenti sempre più “servi della gleba” sottomessi a studenti-clienti arroganti e a presidi padroni

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“In una scuola secondaria di II grado di Grosseto sarebbe accaduto un episodio gravissimo: da fonti interne alla scuola che riteniamo attendibili, si è appreso che una docente sarebbe stata colpita al volto da un pugno sferrato da una ragazza. Alla docente, con il labbro spaccato in conseguenza del pugno, sarebbero stati dati due giorni di prognosi”. Lo scrive il sindacato Cobas di Grosseto che parla di ennesimo episodio ai danni di un prof accaduto in “una scuola cialtrona, in cui i docenti devono limitarsi a infarinare di generiche ‘competenze‘ studenti destinati per la gran parte al precariato”.

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Secondo i rappresentanti del sindacato di base della Maremma “il punto-chiave sta nell’immiserimento materiale e culturale della scuola e nella conseguente delegittimazione e annichilimento della funzione docente operati a partire dalla catastrofica filosofia – innescata da Luigi Berlinguer, ministro della PI nel primo governo Prodi e sostenuta poi da tutti i governi successivi – dell’”autonomia scolastica” e della “scuola azienda”, al servizio di una “clientela” che impone i suoi desiderata: lavorativo cronico, e proprio per questo rendendo non necessario avere una scuola seria, rigorosa, davvero formativa, né arrecare “disturbo” più di tanto a famiglie e studenti”.

I Cobas di Grosseto sostengono anche che ormai la scuola è diventata come un “progettificio” di “cose inutili o dannose per la didattica, per attirare una “clientela” sprovveduta; esami finali-barzelletta con il 99% di promozioni alla maturità, esami di riparazione sostituiti con la farsa dei cosiddetti “crediti e debiti”, con gravi insufficienze sanate d’incanto per non perdere la “clientela”; valutazioni dei docenti annullate dai grotteschi quiz Invalsi, divenuti la modalità-chiave per valutare scuole, studenti e docenti; centinaia di ore obbligatorie di ridicolo “apprendistato” gratuito (l’Alternanza scuola-lavoro, ora PCTO) che distruggono qualsiasi serio percorso didattico; etichette di disabilità educativa e psichica (i cosiddetti BES – Bisogni Educativi Speciali) distribuite a pioggia con il consenso dei genitori, contenti che la presunta “disabilità” serva ai pargoli per garantirsi le promozioni”.

Riferendosi ai compensi assegnati ai docenti e al personale che collabora con lo staff della dirigenza scolastica, incrementato di recente dai fondi Pnrr attraverso ad esempio i ben pagati docenti tutor (fino a 4.700 euro l’anno per un triennio), i sindacalisti Cobas di Grosseto puntano quindi il dito sul “bonus salariale dato ai più servizievoli nei confronti dei presidi, ai quali è stato dato un potere neo-feudale per ingigantire le pressioni e i soprusi nei confronti dei docenti e degli ATA; e infine salari miserabili (10 euro l’ora ad una maestra con media anzianità)”.

Per i Cobas del capoluogo toscano, quindi, “questo il massacrante percorso, oramai più che ventennale” avrebbe “distrutto e umiliato una professione nobile e decisiva, riducendo i docenti a “servi della gleba” intellettuali, a disposizione passiva di una scuola-miseria (in 30 anni i finanziamenti si sono ridotti, sulla spesa statale complessiva, del 32%) impegnata a far contenta (e coglionata, visto come escono dalla scuola gran parte degli studenti) la ‘clientela’” composta dagli studenti. E qui, sostengono, sta il punto: diventa solo una conseguenza che la parte studentesca “si faccia sempre più arrogante e aggressiva, pretendendo dalla “servitù” scolastica un servizio ad personam”.

La colpa del processo regressivo della scuola, però, non la danno agli studenti: “nel processo di eutanasia della propria professione – sostengono ancora i Cobas di Grosseto – la maggioranza dei docenti ha grandi responsabilità. Malgrado tutti gli strumenti culturali e sindacali che, come COBAS, abbiamo messo a disposizione di docenti ed ATA da 30 anni e le lotte incessanti da noi condotte contro la catastrofica scuola-azienda, la maggioranza dei/delle docenti si è subordinata passivamente, ha accettato o addirittura collaborato ai passaggi distruttivi prima elencati, pensando “io speriamo che me la cavo”; ha evitato il conflitto, si è piegata agli scrutini umilianti con i voti “taroccati”, ha supinamente subito la sostituzione dei propri giudizi con i farseschi quiz Invalsi; ha sottoscritto la “fuga” in massa dalla scuola degli studenti per centinaia di ore spese nelle demenziali attività dell’Alternanza” scuola-lavoro, dal 2019 rinominata Pcto.

La docenza italiana, continuano dal sindacato di base, si sarebbe anche “piegata alle imposizioni più becere e illegali di tanti presidi-padroni. Insomma, è entrata progressivamente nel ruolo di “servitori/trici” tuttofare delle volontà dei presidi (e dei loro “cerchi magici”) e della sempre più invadente ‘clientela’”.

Per il sindacato di base, il futuro rischia di essere ancora più nero: “Questo processo distruttivo avrà bisogno di anni, forse di decenni, per essere rovesciato, affinché la scuola torni alla sua primaria attività formatrice ed educativa, recuperando finanziamenti e qualità culturale e didattica. Ma, pur lavorando per questo, qui ed ora è insopportabile che i docenti debbano subire la violenza fisica e psicologica e il mobbing di genitori arroganti e aggressivi, oltre che di alcuni studenti che attuano quanto imparano in famiglia”.

I Cobas di Grosseto concludono il loro intervento ricordando che “hanno dato vita ad un Pronto Soccorso contro le aggressioni fisiche e il mobbing nei confronti degli insegnanti. Questo prevede: a) un intervento sindacale e legale nelle scuole da cui ci arriveranno notizie di aggressioni fisiche o di “mobbing” e diffamazione nei confronti di docenti, mettendo a disposizione gli avvocati per le cause civili e penali; b) la denuncia pubblica, presso le autorità competenti e nei mass media e social, di qualsiasi omertà o minimizzazione da parte delle direzioni scolastiche”.

Infine, sostengono che “per garantire l’incolumità fisica e psichica degli/delle insegnanti non servono leggi “speciali”, come sta pensando di fare il governo Meloni”.

Per il sindacato di base, dunque, “esistono già tutte le norme, dentro e fuori la scuola, per operare al meglio. È sufficiente che tutti i protagonisti della scuola recuperino il senso della propria professione e usino al meglio gli strumenti educativi – ma anche sanzionatori laddove inevitabili – già a disposizione, di cui abbiamo parlato in un recente Focus”.

Di recente, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha fatto sapere che i casi di violenza verso gli insegnanti in servizio si sono attestati ormai su una media di cinque al mese.

La sanzione disciplinare per la ragazza

Secondo le nuove indicazioni del ministero dell’Istruzione e del Merito, alla ragazza potrebbe essere comminata (dal Consiglio di classe) una sospensione dalle lezioni, con obbligo di frequenza a svolgere attività sociali in una struttura indicata dalla scuola. Sempre i docenti della classe dovrebbero, in sede di scrutinio, assegnare il 5 in condotta alla studentessa.

Se confermato a fine anno scolastico, qualora la legge in discussione in Parlamento sul voto di condotta dovesse nel frattempo essere approvata, il 5 in condotta assegnato alla giovane (iscritta al primo anno delle superiori nell’istituto di Grosseto) si tramuterebbe in automatica ripetizione dell’anno scolastico.

Se, invece, il voto in condotta passasse a 6, allora scatterà la sospensione del giudizio con l’obbligo di frequenza di un corso di educazione civica.