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Docenti aggrediti, genitori a lezione d’Educazione Civica: l’idea piace ma servono risorse e tempi lunghi

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Nella prima domenica di vacanze scolastiche, tiene banco l’ennesima aggressione ad un docente da parte di genitori “inviperiti” per note o insufficienze comminate ai figli: l’ultimo caso, accaduto nella scuola media “Albinoni” di Caselle di Selvazzano, dove la prof d’inglese 60enne della provincia di Padova è stata malmenata da una mamma e costretta alle cure d’ospedale, da dove conferma di non volersi piegare alle richieste pretestuose di trasformare i 4 in sufficienze, ha prodotto reazioni politiche di vario tipo.

Salvini: pazzesco

Su twitter, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, scrive: “Pazzesco. Tutta la mia solidarietà a questa professoressa. Educazione Civica da riportare nelle scuole, ma anche nelle case di alcuni ‘genitori'”.

Il leader leghista, quindi, ritiene che l’introduzione di una disciplina, legata alle regole base di vivere civile e al rispetto della Costituzione, possa anche placare l’arroganza e l’insofferenza delle famiglie degli alunni.

Le famiglie potrebbero tornare a scuola, ma i finanziamenti?

Fin qui tutto chiaro. Non si comprende, però, come possa esercitarsi l’iniziativa di “recupero” costringendo le famiglie ad assistere a lezioni di Educazione Civica a domicilio. Quella di Matteo Salvini appare più una provocazione che una proposta fattibile.

L’unico modo, come avevamo avuto modo di osservare qualche giorno fa, commentando la proposta del professor Ernesto Galli della Loggia di cancellare “qualunque ruolo delle famiglie o di loro rappresentanze nell’istituzione scolastica”, sarebbe quello di aprire gli istituti scolastici alle famiglie nelle ore e nei periodi di sospensione delle attività didattiche: quindi, il pomeriggio, la sera, durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive.

Un progetto lungo e trasversale ai partiti

Il progetto di portare le famiglie a scuola, tuttavia, è complesso e necessita di ampie risorse, se non altro per sovvenzionare i docenti cui affidare le lezioni e il personale a supporto. Inoltre, servirebbe una rete di professionisti – assistenti sociali, psicologi e altri – che faccia da tramite, aprendo una breccia, un inizio di dialogo, tra i genitori più “difficili” e la scuola.

I vantaggi di un modello di questo genere, inoltre, si potrebbero realizzare solo nel lungo periodo. Quindi, si dovrebbe trattare di un impegno di durata lunga, anzi lunghissima, proiettato negli anni. Quindi da adottare in modo trasversale ai governi, i quali dovrebbero portarlo avanti a prescindere dalla loro composizione: una eventualità che, alla luce di come vanno le cose in Italia quando subentra una nuova maggioranza parlamentare, appare di difficile attuazione.

L’ex ministra Gelmini: i genitori diano l’esempio

A puntare il dito contro i genitori è anche l’ex ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini, oggi capogruppo di Forza Italia alla Camera: “Gli insegnanti sono sempre più spesso impotenti dinanzi all’arroganza e alla violenza di certi studenti e genitori”.

Tuttavia la forzista non ritiene che possa risolversi con l’introduzione dell’educazione civica: “Purtroppo, non è solo una questione di Educazione civica – che da ministro dell’Istruzione nel 2009 ho introdotto insieme al voto in condotta”, perché “siamo noi genitori a dover dare, prima di tutti, il buon esempio perché i nostri ragazzi assorbono le nostre parole, i nostri comportamenti, i nostri gesti. Buona educazione e rispetto degli altri sono valori imprescindibili, anche per ridare autorità a una figura chiave della crescita dei nostri figli come quella dei docenti. Pensiamoci e ripartiamo da qui!”, ha concluso Gelmini.

Il problema è che le buone intenzioni dall’ex ministra dell’istruzione diventano inapplicabili con certi tipi di famiglie, letteralmente avulse al rispetto dell’altro e delle regole.

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