
Nel panorama educativo italiano, il tema della bocciatura è da sempre oggetto di dibattito. A riaccendere la riflessione è stato un recente post su facebook del pedagogista Daniele Novara, che ha espresso una posizione netta e radicale: mettere in discussione l’istituto della bocciatura non significa attaccare gli insegnanti, ma interrogarsi sul senso e sull’efficacia di una prassi educativa ormai anacronistica.
Novara parte da un presupposto fondamentale: “Molto raramente un insegnante boccia per il gusto sadico di punire”, riconoscendo la serietà e il senso di responsabilità che muove la maggior parte dei docenti. Tuttavia, proprio in virtù di questo impegno e dedizione, egli invita il mondo della scuola a un ripensamento profondo. La bocciatura, sostiene, non ha alcun fondamento pedagogico, così come altre pratiche ormai meccaniche come la campanella, i compiti a casa o la lezione frontale. Sono tutte strutture sedimentate nella tradizione scolastica, ma prive di riscontro scientifico sull’efficacia educativa.
Nel suo libro “Cambiare la scuola si può”, Novara promuove un modello scolastico basato su un’idea diversa di apprendimento: una scuola capace di valutare i progressi, non le mancanze, e che parta dai livelli reali di ciascun alunno. Un sistema che abbandoni la punizione e accolga l’errore come opportunità di crescita. In questa visione, la bocciatura risulta essere un atto coercitivo, che non educa, non motiva, e soprattutto non riabilita.
Secondo l’esperienza professionale di Novara, gli effetti della bocciatura sui bambini e sui preadolescenti sono profondamente negativi: senso di fallimento, frustrazione, abbassamento dell’autostima. Questo è ancora più evidente quando l’alunno bocciato rimane nella stessa scuola, dove spesso si acuisce il senso di esclusione. Bambini e ragazzini delle medie sono soggetti in crescita, ancora fragili e bisognosi di un contesto che li sostenga, non che li punisca.
La sfida proposta da Novara è quella di costruire una vera comunità di apprendimento, dove l’obiettivo non sia selezionare o sanzionare, ma accompagnare, valorizzare, far progredire. Una scuola che sappia liberarsi dal modello della performance e dell’omologazione, e che impari ad accogliere la complessità degli studenti nella loro unicità.
In un’epoca in cui si parla sempre più di inclusione, benessere scolastico e didattica personalizzata, il messaggio di Novara appare non solo provocatorio, ma profondamente necessario: non si cambia la scuola se non si ha il coraggio di mettere in discussione le sue prassi più radicate. E la bocciatura, oggi, è una di queste.
