Categorie: Politica scolastica

Con #riformabuonascuola arriva la formazione e l’aggiornamento obbligatorio per tutti i docenti

La riforma della Buona Scuola contiene anche una parte, gli articoli 10 e 11, dedicati alla formazione e all’aggiornamento del personale docente. Che, se passerà il ddl in Parlamento così come è stato formulato sinora, non sarà più legata allo spirito auto formativo di ogni singolo insegnante: il documento prevede, infatti, “formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il Piano triennale dell’offerta formativa”.

Nella relazione tecnica del ddl si riportano tutti i particolari: viene definito un modello di formazione innovativo indirizzato a tutti i docenti, composto da 50 ore di attività, strutturate in modo da ridurre i costi di docenza anche utilizzando la formazione tra pari e un sistema gestionale on-line.

Il percorso è suddiviso in 4 fasi: condivisione del percorso formativo (incontri di accoglienza e fine corso per la durata complessiva di 5 ore a gruppi di massimo 250 docenti); laboratori formativi dedicati (4 laboratori dedicati ad approfondimenti di 3 ore ciascuno a gruppi di massimo 30 docenti e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); attività peer to peer (5 ore di affiancamento di ciascun docente ad un tutor della scuola per scambio di esperienze tra pari e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); formazione on-line (20 ore di formazione on-line su piattaforma informatica).

Saranno coinvolti nella formazione obbligatoria tutti gli insegnanti in organico di diritto: “la formazione – si legge nelle relazione tecnica – è rivolta a 762.274 docenti. Per ciascun docente è previsto un costo di formazione pari a 52,20 euro per un totale stimato di euro € 39.785.793,20. Al maggiore onere del presente articolo si provvede ai sensi di quanto disposto dalla norma di copertura di copertura finanziaria”. Allo Stato questa novità costerà 40 milioni annui a decorrere dall’anno 2016.

Sempre l’articolo 10 del disegno di legge, introduce la “carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”, per un impegno ulteriore per lo Stato pari a 127 milioni di euro per le esigenze formative del 2015 e 381 milioni per il 2016.

 

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La Carta, dell’importo di 500 euro annui, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e testi, anche in formato digitale, di natura didattico-scientifica, pubblicazioni e riviste riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all’aggiornamento professionale, acquisto di hardware e software, iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e qualificazione delle competenze professionali, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del Piano dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione”. Per conoscere i criteri e le modalità di assegnazione e utilizzo della Carta, che non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile, bisognerà attendere 60 giorni dalla data di entrata in vigore del ddl.

“Si tratta di uno dei pochi passaggi del decreto di riforma condivisibili – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione -: ben vengano, quindi, i 500 euro previsti dal voucher per aggiornamento e formazione. Ma ad una condizione: non debbono essere sostitutivi degli 800 euro che da 2010 lo Stato avrebbe dovuto versare ad ogni di lavoratore della scuola per adeguare gli stipendi al costo dell’inflazione”.

Per il sindacalista, inoltre, “si tratta di un finanziamento davvero minimo: il costo medio di un Master è infatti di almeno 1.000 euro. Quindi i 500 euro di spesa massima previsti dal disegno di legge andrebbero incrementati. In ogni caso, ben venga l’iniziativa, che se approvata finalmente permetterebbe di agevolare l’aggiornamento professionale, ma a due condizioni: che quei fondi non provengano da ulteriori taglia alla scuola e che non vadano a sostituire, come pessima abitudine da alcuni anni, avallata dai sindacati rappresentativi, gli aumenti di stipendio dovuti all’adeguamento dello stipendio all’inflazione”.

 

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Alessandro Giuliani

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