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Edoardo Prati, la critica virale: “Il nostro Paese è ossessionato dall’ostentare Dante e la cultura classica”. È davvero così?

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In questi giorni il nome del giovanissimo “influencer culturale” Edoardo Prati, intervenuto in un suo spazio dedicato alla filosofia e alla cultura classica nel programma “Che Tempo Che Fa“, condotto da Fabio Fazio sul Nove, è sulla bocca di tutti.

In molti hanno lodato il giovane, ma ci sono state anche molte critiche. Ecco il post su X di uno studente universitario: “Io non capirò mai l’ossessione di questo Paese nell’ostentare Dante e la cultura classica come un feticcio a cui aggrapparsi, anche quando i contenuti che tratta sono banali o rielaborati divinamente da artisti moderni. ps. Di stelle, ambiente, termodinamica, saper fare un quadrato di un binomio non ce ne frega niente, MA GUAI A NON CONOSCERE DANTE EH”.

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Insomma, si tratta dell’annosa questione che vede contrapporsi, senza una motivazione precisa, gli amanti della cultura umanistica e quelli della cultura scientifica. “Uno può risolvere equazioni non lineari e amare Dante”, ha replicato effettivamente un utente. La cultura, infatti, non può essere considerata a compartimenti stagni.

“Il punto è che avere una cultura è sempre importante! Ciò che non capisco è questo attaccamento che abbiamo noi italiani verso una certa fetta limitata di ‘umanismo’ divulgato in maniera molto generalista, considerando addirittura anche altre forme di arte come inferiori”, ha risposto l‘autore del post. C’è davvero una sorta di preferenza per la cultura classica, vista come superiore, e un trattamento diverso per le altre forme di cultura? O, essendo il nostro Paese stato la culla dell’umanesimo, è praticamente inevitabile?

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“Ho letto un commento sotto un mio video – ha detto qualche tempo fa Prati – in cui un professore diceva: ‘Noi non insegniamo per vocazione, insegniamo per campare, noi studiamo lettere, studiavamo lettere per sfondare nell’editoria, non ci siamo riusciti perché sono tutti raccomandati, allora siamo finiti a scuola e se insegniamo scazzati, ve lo tenete‘. Ma l’avete letto, Dante, o non l’avete letto? Scusatemi, voi sapete se mi seguite quanto io sia un difensore della categoria degli insegnanti e delle loro condizioni tremende in Italia, ma questo no. Dante parla di Virgilio e dice: ‘Io mi son fidato di Virgilio per le sue belle parole’, ce l’ha detto nel Canto Secondo. E nel Terzo Canto ci dice che il suo lieto volto, il suo prenderlo per mano, ha fatto convincere Dante a inserirsi nelle segrete cose”.

“Se tu insegni imburberito, come puoi aspettarti che uno studente dica: ‘Voglio diventare come lui?’ Bisogna sorridere per quanto le condizioni siano complicate. Ma se uno deve insegnare per campare, non insegni, trovi qualcos’altro, non sfrutti la sua laurea, perché se sfrutti la tua laurea per danneggiare poi quelli che sono gli studenti, c’è un problema di fondo”, ha concluso.