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Gelmini: presto una “Carta oro” ai docenti per entrare gratis a musei e mostre

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Una “Carta oro” da destinare agli insegnanti per permettere loro di entrare gratis nei musei e alle mostre, ma anche ad ottenere agevolazioni e sconti per la partecipazione ad iniziative culturali con l’intento di valorizzare i loro percorsi personali di aggiornamento culturale. L’annuncio è stato fatto a Roma, presso il liceo newton, il 10 settembre dal Ministro dell’istruzione, università e ricerca Mariastella Gelmini durante la presentazione del libro “La fabbrica degli ignoranti” scritto dal giornalista Giovanni Floris giornalista e conduttore del programma Ballarò su Rai3.
Il responsabile dell’istruzione ha detto che la carta vuole essere un completamento di quella creata dal suo predecessore a viale Trastevere, Giuseppe Fioroni, per gli studenti. “Quest’anno – ha detto Gelmini – parte la Carta dello studente, un’idea del mio predecessore Fioroni che io ho aumentato, che offre possibilità di viaggi, visite a musei, esperienze culturali. Da qui nasce l’idea della Carta per gli insegnanti”.
A far scattare la ‘molla’ al Ministro in carica è stato però probabilmente il confronto con l’estero. Lo spirito di imprenditorialità e il buon rapporto con il Ministero della cultura, cui andrebbero ‘dirottato’ parte del personale in esubero o dei precari vincitori di concorso non assorbibili diversamente, hanno invece permesso l’attuazione del progetto: “In altri Paesi – ha sottolineato Gelmini – se gli insegnanti vanno in un museo non pagano. Io per realizzarla chiederò anche l’aiuto dei privati, e ci sarà chi si scandalizzerà: ma non vedo perché devono sponsorizzare solo il calcio, Se danno una mano alla scuola non c’è nulla di male”.
Durante il dibattito, cui ha partecipato anche l’ex Presidente del consiglio Giuliano Amato, il Ministro Gelmini ha colto l’occasione per difendere le strategie intraprese dal governo nelle ultime settimane anche alla luce degli ultimi dati Ocse: secondo il Ministro “parlano chiaro: abbiamo una spesa complessiva in linea con gli altri Paesi e una qualità minore”. Ma il tema delle risorse è “importante ma non è l’unico, dobbiamo decidere che scuola vogliamo, se deve essere un ammortizzatore sociale o deve formare i giovani”.
Per giustificare i tagli decisi in Finanziaria Gelmini ha detto che “non ci si deve illudere che i soldi possano aumentare, se qualcuno è capace di moltiplicare le risorse è il benvenuto. Ma oggi la difesa dello status quo non risponde all’interesse della scuola, dei ragazzi, del Paese”.
Poi il Ministro ha voluto rispondere anche alle accuse mosse il giorno prima dal leader dell’opposizione Walter Veltroni (“La politica scolastica disegnata dal governo – ha detto Veltroni preannunciando dal 26 al 29 settembre tre giorni di mobilitazione in tutte le città per ‘salvare la scuola pubblica’ – è solo la conseguenza dei tagli, caratterizzata da un’improvvisazione totale ed avrà conseguenze drammatiche”): riferendosi agli attacchi del Pd Gelmini ha detto che è tempo di “fare delle scelte, non ci si può dire riformisti e poi scegliere la mobilitazione senza avere proposte. La campagna elettorale è finita”. La responsabile dell’istruzione ha fatto quindi sapere che il suo “piano programmatico viene contestato prima ancora di conoscerlo, mentre i tagli di quest’anno sono ancora quelli decisi dal governo Prodi”.
A proposito della riforma scolastica, il Ministro ha fatto anche sapere – attraverso un’intervista ad un settimanale in edicola l’11 settembre – che dopo la primaria cambierà in fretta anche l’assetto della secondaria inferiore. “Cambierò la scuola media – ha detto Gelmini – C’è un deficit di formazione. Servono più italiano, più matematica, più inglese. Ho insediato una commissione che studia la riforma. Voglio farla presto”.
Insomma, il Ministro non vuole che i suoi provvedimenti si chiamino ‘riforma’, ma se queste sono le premesse la scuola che uscirà dal suo mandato sarà fortemente diversa da quella che ha trovato al suo arrivo a viale Trastevere appena 120 giorni fa. E a pensarci bene ha ragione: una riforma avrebbe probabilmente introdotto meno novità.