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Giulia De Lellis: “I ragazzi sono influenzati dai genitori, non da canzoni o film. Social vietati? Meglio agli under 14, non 16”

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L’influencer Giulia De Lellis, classe 1996 e cinque milioni e mezzo di followers su Instagram, oggi imprenditrice di un marchio di cosmetica, è stata intervistata ai microfoni de La Repubblica. La fidanzata del trapper divisivo Tony Effe ha parlato di educazione dei giovani, di possibile divieto di uso dei social per i più piccoli e di musica.

Vietare i social agli under 16 come in Australia? Ecco le sue parole: “A sedici anni si è abbastanza svegli, abbasserei l’età a quattordici anni, ma ci può stare vietare l’uso dei social”.

Trap e linguaggio violento nella musica, quanto influenza i giovani?

“La trap è un genere che ha sempre avuto questo linguaggio, i trapper italiani sono più delicati degli altri nel mondo. L’analisi del testo fatela con lui, io vi assicuro che è dolce, gentile, premuroso, protettivo”, ha detto commentando i testi di Tony Effe. E l’influenza di queste parole sui più giovani? “Bambini e ragazzi vengono influenzati dai genitori, non dalle canzoni o dai film. Se a qualcuno dà fastidio il suo linguaggio, ci sono tantissime altre canzoni”.

Ricordiamo che Tony Effe è stato addirittura “censurato” dal Comune di Roma che in un primo momento lo aveva invitato a presenziare allo scorso concerto di Capodanno. A quanto pare iniziano ad esserci polemiche anche in merito alla sua imminente partecipazione al Festival di Sanremo, il prossimo febbraio.

Rapper e trapper cattivi modelli? O è la famiglia a dover educare?

Giusto censurare questo tipo di artisti? In qualche modo i testi violenti e misogini influenzano il comportamento dei giovanissimi? Oppure non sono i trapper a dover “educare”? Abbiamo spesso parlato di questi temi e ne hanno parlato spesso i diretti interessati.

L’anno scorso ha fatto scalpore la decisione del sindaco di Ladispoli, cittadina laziale, di bloccare il concerto del rapper Emis Killa previsto per Capodanno. Il cantante avrebbe dovuto esibirsi con Guè. Il motivo? Una frase contenuta in un vecchio testo di una canzone di Killa, del 2016, “3 messaggi in segreteria“.

“Preferisco vederti morta che con un altro”, queste le parole incriminate. Le polemiche, come riporta Rolling Stone, sono nate in questi giorni e il cantante ha provato a difendersi dalle critiche dicendo che non si tratta di un inno al femminicidio, ma tutto il contrario. “Nel pezzo – dice – interpreto, invento, racconto fatti che purtroppo per quanto spiacevoli accadono. Non è Emiliano che parla e non penso nemmeno di dover dare troppe giustificazioni a chi non vuole capire. In un altro storytelling molto più recente interpreto Renato Vallanzasca, non so, volete accollarmi qualche anno di galera? Per farmi un’idea di me piuttosto dovreste parlare con le donne che fanno parte della mia vita, dalla mia famiglia alle amiche. Cercate i colpevoli tra i colpevoli, non tra chi è dalla vostra parte pur avendo un altro modo di affrontare le cose”.

L’attrice Cristiana Capotondi si è scagliata l’anno scorso contro il trap: “Ma l’avete ascoltata la musica trap, di come viene trattata la donna nella musica trap? La ascoltano gli adolescenti. Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto tale per cui ti tolgo la vita”, ha detto a In Altre Parole su La7.

Come riporta La Repubblicai trapper non ci stanno. Ecco le parole di Luché: “Quanto qualunquismo in classico stile italiano. Come se la donna non fosse mai stata trattata come un oggetto nelle fantasie degli italiani, sin dall’inizio delle televisioni private dagli anni Ottanta a oggi”.

Ecco le parole del rapper Jake La Furia: “Se pensiamo all’ipotetica influenza negativa sui giovani allora bisogna abolire i film d’azione, certa letteratura fantastica, il pulp e un sacco di altre cose. Sono le famiglie — non noi — a dover insegnare certi principi. E poi la nostra musica con i Club Dogo è stata anche cronaca della realtà, e la realtà non è sempre bella”.

Anche il rapper Fred De Palma la pensa così: “Puntare il dito verso chi fa rap o trap è un modo per costruire alibi a chi viene meno al proprio ruolo. Sul palco ci si scanna con insulti anche tremendi, l’opposto del politically correct. Ma è solo fiction”, ha detto mesi fa.

“Non è giusto caricare sulle spalle di rapper di vent’anni il compito di educare, un compito che spetta ai genitori, alla scuola, alla società. Non credo che le persone si regolino nella vita in base ad un pezzo sentito alla radio. Basta accuse ai rapper, nessuno uccide per una canzone”, ha aggiunto.

“Noi artisti raccontiamo le storie. Anche quelle brutte. Non abbiamo la responsabilità di educare nessuno con le nostre canzoni. Sì, ho perso anche io fratelli per la strada ma noi rapper non siamo il male. Non toglieteci questa possibilità di racconto”, così Geolier.

“Io le robe brutte a volte le ho dette, ma il rap è arte e penso che ognuno nasca con un’educazione che arriva dalla famiglia. Non credo che le cose negative si apprendano dalla musica, se io dico ‘vai a sparare’, non è che lo fai. Ci sono sempre stati brani di grandi artisti che non hanno detto solo cose belle, ma ognuno deve avere una propria morale”, questa la risposta di Anna Pepe a chi accusa i rapper di essere cattivi modelli per i giovani.