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Il cattivo esempio degli insegnanti: l’80% fuma a scuola, il 3% in classe

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Senza sapere ad esempio che la prima ‘bionda accesa a 15 anni triplica il rischio di morire a causa di un tumore rispetto a chi comincia dieci anni dopo. È la fotografia scattata dallo studio ‘Generazione in fumo, strategie per non cominciare, strumenti per smettere , elaborato dall’associazione I-Think di Ignazio Marino elaborando i dati delle principali ricerche italiane e internazionali. I giovani fumatori sono circa un milione e mezzo tra i 15 e i 24 anni, in maggioranza femmine (ha già acceso una bionda in quella fascia di età il 21,8% contro il 15,9% dei maschi) e in un caso su due cominciano a fumare soprattutto per adeguarsi alle abitudini del gruppo, e non dei genitori, mentre un 27,6% lo fa perchè attribuisce al tabacco una «funzione consolatoria».
 L’82% dei ragazzi delle superiori, e il 51% degli studenti delle medie, infatti, dice di aver visto i compagni fumare a scuola. E sempre tra cortili e corridoi scolastici sono visti con la sigaretta accesa il 77% dei prof (1 su 2 alle medie). Ma alcuni docenti fumano anche in classe (il 3%), mentre, stando sempre all’analisi di I-think, anche il dirigente scolastico è ‘beccatò a fumare in presidenza, luogo dove solitamente si richiamano i ragazzi al rispetto delle norme.
Proprio per questo lo stesso Marino, insieme al presidente della Commissione Sanità del Senato Antonio Tomassini, rilancia il ddl sul fumo presentato in Senato nel 2010, che tra le altre cose prevede anche di estendere il divieto di fumo a tutti gli ambienti scolastici, l’introduzione di un bugiardino con l’elenco delle sostanze nocive come per i farmaci e la creazione di un fondo per la prevenzione. Parte del contenuto del provvedimento, in particolare l’innalzamento dai 16 ai 18 anni del divieto di vendita dei tabacchi e l’inasprimento delle multe per i tabaccai trasgressori, è stata recepita dal decreto Sanità da domani all’esame delle Camere. 
Ma il ministro Renato Balduzzi, intervenuto alla presentazione dello studio, si è detto favorevole ad accogliere delle modifiche in questo senso al capitolo ‘stili di vità del decreto se ci sarà «l’accordo della maggioranza parlamentare». Il ministro ha anche sottolineato che quando si parla di tutela della salute, l’interesse non può essere messo sullo stesso piano di quello «industriale». Dai produttori di tabacco, come ha chiarito Giovanni Carucci, vicepresidente di British American Tobacco, c’è «condivisione nella lotta al fumo minorile» attraverso prevenzione e informazione, ma vanno evitate misure eccessivamente restrittive che rasentano il «proibizionismo» che senza ottenere risultati nell’incidenza del fumo minorile rischierebbero solo di «aumentare il contrabbando» (Leggo)