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Il voto giudica il profitto non i ragazzi

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Materia troppo sensibile per non innescare subito dibattiti e polemiche, e così la proposta del preside del liceo “Berchet” di Milano, fatta al collegio dei docenti, di non mettere voti inferiori al quattro perché frustrerebbero gli alunni, senza dare altro risultato, ha coinvolto pure il provveditore che ha detto: “I voti vanno dall’uno al dieci. Un eventuale 2 non è diretto né all’alunno né al suo modo di essere, bensì a una prestazione. Semmai servono serietà, chiarezza e trasparenza, aiutando i ragazzi con valutazioni corrette”.
Ma la proposta avrebbe pure trovato scarsi consensi persino tra i colleghi del dirigente del “Berchet”: una proposta stupida, pericolosa, fuorilegge, avrebbero detto in tanti. E ancora: “È irragionevole interpretare il voto come un’offesa alla famiglia o alle persone. Si tratta semplicemente della valutazione di una performance. Altrimenti si crescono giovani fragili e ipersensibili. Mettiamo che un ragazzo consegni un foglio in bianco: che fare? Perché non dare il minimo dei voti? O, al contrario, il massimo?”
Di parere contrario invece tanti genitori: “Una trovata utile e su cui ragionare”;
tenta un allineamento alle posizioni del suo collega, il preside del “Parini” di Milano:  “Bisogna distinguere due ambiti. Da un lato c’è la normativa. E su quella non si discute. Dall’altro c’è invece un ragionamento pedagogico interessante, che può essere utile per sensibilizzare il legislatore. Perché, in effetti, ogni anno registriamo una debolezza maggiore nei nostri giovani. Un ragionamento in materia può contribuire a migliorare le cose”.