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La meritocrazia e i docenti ingabbiati

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Gli esponenti del precedente governo giustificavano l’apertura di un concorso ordinario per la scuola secondaria aperto indiscriminatamente a tutti gli insegnanti usando la parola “meritocrazia”. Vediamo se il ragionamento funziona.

1)   Tutti i docenti devono dimostrare di avere le competenze per insegnare alla scuola secondaria.

2)   Per dimostrare le competenze per la secondaria bisogna fare il concorso generale.

3)   Tutti i docenti devono fare il concorso generale.

Il discorso sembra filare. In realtà i sillogismi nascondono varie insidie capaci di ingannare persino i politici.

L’errore qui sta nella seconda affermazione: “per dimostrare le competenze per la secondaria bisogna fare il concorso generale.” Essa non è vera.
Vediamo perché.

Ci sono docenti che ritengono di non dover fare il concorso generale per dover insegnare nella scuola secondaria.

Sono docenti laureati, ai quali capita di essere di ruolo alla scuola dell’infanzia e alla primaria, che non hanno la possibilità di abilitarsi sulla classe di concorso per cui si sono laureati.

Questi docenti ritengono di dover esser ammessi al concorso straordinario, qualora avessero svolto un anno sulla classe di concorso specifica sulla secondaria, o di dover fare un percorso abilitante speciale.

Ma vediamo le motivazioni.

Perché nessun docente di ruolo, compresi i docenti su infanzia e primaria, dovrebbe fare un concorso ordinario generale?

Perché:

1) La maggior parte lo ha già fatto

2) Tutti hanno superato un anno di prova.

3) Tutti hanno un’esperienza didattica pluriennale (con in più corsi di aggiornamento obbligatori)

1)   Il concorso per infanzia e primaria è diverso da quello per le secondarie?

Sia nei concorsi alla primaria che nei concorsi alla secondaria il nucleo centrale sono le cosiddette “avvertenze generali”, una serie di conoscenze che il candidato deve far proprie per dimostrare davanti ad una commissione le proprie competenze didattiche, psicologiche, sociologiche, pedagogiche e come queste si applicano in classe alla propria materia di competenza.
Le competenze sulla propria disciplina sono state dimostrate all’università. Nei concorsi si tratta di dimostrare la capacità di comunicarle agli studenti attraverso i metodi più idonei.

Un docente di ruolo su infanzia e primaria che ha superato un concorso, nel caso in cui dovesse affrontare il concorso generale, dovrebbe ripetere lo studio delle stesse avvertenze generali più, per come è strutturato il concorso oggi, lo studio della propria disciplina che, ripetiamo, ha già dimostrato di conoscere.

2)   Che cosa fa durante l’anno di prova un docente all’infanzia e alla primaria?

L’anno di prova è un complesso meccanismo attraverso il quale vengono dapprima individuate le competenze che il docente ha bisogno di rinforzare, poi, di conseguenza, attivati laboratori pratici su vari aspetti dell’attività scolastica. Ma l’attività più importante dell’anno di prova è il continuo rapporto con un tutor esperto con cui confrontarsi sulle le buone pratiche di insegnamento e, soprattutto, la realizzazione, tra le altre, di un’unità didattica monitorata nella preparazione dallo stesso tutor e supervisionata, nella sua realizzazione, sia dal tutor che dal dirigente scolastico.
Un anno di formazione pratica, che, ormai si sa, è sempre più efficace di qualsiasi concorso di test e interrogazioni. Ricordiamo che le metodologie didattiche e pedagogiche, sono uguali in ogni ordine di scuola, come lo è la lingua in cui si insegna o l’amore per i propri alunni.

3)   Oltre a concorso e anno di prova, i docenti laureati di ruolo su infanzia e primaria hanno sviluppato negli anni un’abitudine che nelle scuole secondarie non è ancora così in voga: la progettazione condivisa delle attività didattiche.
Sulle indicazioni nazionali e su tutte le ricerche degli ultimi venti anni l’accento è posto sempre più sul miglioramento del clima scolastico, ovviamente finalizzato al successo formativo. Un ambiente in cui tra i docenti si alimenta la collaborazione e non la competizione si crea un clima che influenza anche gli alunni, i genitori, i collaboratori scolastici, i genitori, e tutta la comunità scolastica, la quale senza questa collaborazione, di fatto, non esiste.

Torniamo alla meritocrazia.
Proviamo a chiederci: una persona che si è laureata, ha superato un difficile concorso su infanzia e primaria, ha svolto un anno di prova, ha più di tre anni di esperienza nella scuola, “merita” di (ri)fare un concorso con chi non ha mai avuto nessuna esperienza didattica (come i neo-laureati, nel caso del concorso ordinario)?

Sarebbe come se un docente dovesse affrontare ogni anno un concorso per poter insegnare l’anno successivo sulla sua stessa classe di concorso. O come se qualsiasi lavoratore dovesse ogni anno affrontare un difficile e dispendioso concorso pubblico per svolgere il proprio medesimo lavoro.
O merita invece, nel caso avesse un anno di servizio su classe specifica alla secondaria, di fare il concorso straordinario?

Oppure, ancora, merita di frequentare un percorso abilitante speciale (pas)?

E allora, i docenti laureati di ruolo su infanzia e primaria, detti ingabbiati, si chiedono ormai da tempo: perché ci chiedono di fare lo stesso concorso con i precari e i neolaureati? Visto che abbiamo le competenze, perché siamo stati esclusi dal concorso straordinario al quale sono ammessi i precari (senza concorso e anno di prova) con esperienza alla secondaria? Perché anche i percorsi di abilitazione speciali (pas), sono stati dal precedente governo dedicati solo ai docenti della secondaria, e sui di essi attualmente non si hanno notizie di modifiche? Dov’è la meritocrazia?

Infatti la meritocrazia non c’entra nulla. E le risposte che i docenti ingabbiati si sono dati a queste domande non sono sempre incoraggianti e non sempre escludono interessi personali. Ma quella più probabile rimane il tranello sillogistico in cui tutti possono cadere.

Detto questo, in una società in cui si vuole fare davvero l’interesse dei cittadini attraverso l’ascolto, è bene tenere conto che quando un docente ingabbiato fa delle richieste ai politici, non è come quando un bambino fa i capricci. Al contrario, è come un genitore che fa una richiesta a un figlio, un docente che fa una richiesta a uno studente, un esperto che fa una richiesta a un politico.

In sintesi docenti ingabbiati chiedono:

1-    ATTIVAZIONE DI PERCORSI ABILITANTI non selettivi in entrata rivolti a tutto il personale docente di ruolo (compresi i docenti di ruolo infanzia e primaria).

2-    AMMISSIONE AL CONCORSO STRAORDINARIO per i docenti di ruolo infanzia e primaria che hanno svolto anche un anno sulla classe di concorso specifica alla secondaria.

3-    AMMISSIONE AL CONCORSO STRAORDINARIO per tutti i docenti che maturano nel corso del 2019/2020 il terzo anno di servizio alla secondaria.

4-    ELIMINAZIONE DELL’ABILITAZIONE PER GLI IDONEI DEL CONCORSO ORDINARIO (l’abilitazione va acquisita per altre vie).

Davide Valenti