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La metafora del viaggiatore

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La condizione dell’uomo è stata paragonata a quella di un viaggiatore che si sveglia su un treno che corre nella notte. Da dove è partito il treno su cui viaggia? Dove è diretto?

C’è chi si accontenta di esaminare il suo scompartimento, di verificare le dimensioni dei sedili, di analizzare i materiali: è l’atteggiamento dello scienziato che si ferma al fenomeno ma elude le domande fondamentali. E se insorge l’angoscia dell’ignoto, sarà possibile scacciarla pensando ad altro: è l’atteggiamento dell’uomo comune che si stordisce di attività per sfuggire ai grandi problemi sul senso della vita. Ma cosa volete che ci sia dopo la morte? Apostrofa con derisione il materialista. Oltre il tunnel oscuro che mette fine all’esistenza non c’è nulla!

Un’affermazione indimostrabile, almeno quanto quella opposta. E, su ciò che non è dimostrabile, tanto vale tacere, sentenzia la sana ragione. Ma questo non è cadere nell’agnosticismo, cioè nella resa conoscitiva? E allora? Cosa consiglia la saggezza profonda, quella del cuore? Invece di starcene tranquilli al nostro posto, guardando il buio scorrere fuori dal finestrino, non è meglio cercare qualche indizio che dia un nome e una direzione a questo viaggio che non abbiamo voluto? Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo? Sono le tre classiche domande fondamentali che ogni uomo, in “buona salute” mentale, dovrebbe porsi.

Siamo soltanto l’ultimo segmento di una linea evolutiva oppure il riflesso della divinità? (Chi siamo). L’universo è causa di se stesso o rimanda ad un Dio spirituale e trascendente? (Da dove veniamo). Siamo diretti al sepolcro oppure ad una vita superiore? (Dove andiamo).

C’è un futuro per noi, al di là della linea di un orizzonte indefinito? O davvero, come canticchia amaro Petrolini, non siamo che pacchi, campioni senza valore, che l’ostetrico spedisce al becchino? Al di qua dell’ostetrico e al di là del becchino, la vita è aperta su due misteri. Prima della nascita e dopo la morte, da entrambi i capi, la nostra esistenza è immersa nell’ignoto. Il nulla da cui siamo venuti e quello nel quale forse sprofonderemo.

Per chi crede, la vita è una linea che congiunge un’eternità all’altra. Per chi non crede, essa collega un nulla ad un altro nulla. Ha ragione Heidegger a definire l’uomo sentinella del nulla nel senso che lui solo è consapevole del proprio inevitabile, futuro annullamento, parziale o totale che sia. Siamo, comunque, programmati per porre domande, per cercare. Come fa, del resto, il viaggiatore della metafora. Dopo il primo attimo di disorientamento, egli si fruga nelle tasche ed estrae tre oggetti: un’immagine sacra, la foto di una donna, una banconota. Sono i simboli dell’universo valoriale umano: la religione, gli affetti, la realizzazione sociale.

Tre aspetti strutturali della nostra mente: la ricerca dell’assoluto; il bisogno di una rete affettiva e relazionale; l’aspirazione a svolgersi, a realizzarsi. Occorre, in ogni caso, rimanere nello spirito della ricerca.