Home I lettori ci scrivono La politica scolastica campa nel breve periodo

La politica scolastica campa nel breve periodo

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Due sono i legami che connettono l’uomo alla realtà delle nuove tecnologie dell’informazione: il primo riguarda il rapporto uomo/problema, il secondo è relativo all’interazione uomo/macchina.

Una scuola che sceglie il primo legame orienta la sua azione all’analiticità, alla speculazione, alla progettualità, al controllo.

L’ambiente di riferimento è aperto, non circoscritto, da esplorare.

La scelta del secondo legame conduce a un approccio segnatamente addestrativo. L’ambiente di riferimento è delimitato e noto.

Da un lato l’insegnamento è finalizzato alla promozione e al consolidamento delle qualità degli studenti; dall’altro lato l’attività docente mira alla trasmissione del know-how.

Ecco apparire due modelli di scuola, contrapposti.

Il legislatore ha fatto la sua scelta. La titolazione della legge 107/2015 non lascia dubbi interpretativi: il sistema scolastico non è più orientato all’educazione (legge 53/2003), ma all’istruzione.

Può essere utile ricordare un mantra di un informatico olandese; il senso della nuova determinazione appare in tutta evidenza: “L’informatica non riguarda i computer più di quanto l’astronomia riguardi i telescopi”.

Se si proietta l’aforisma sugli ultimi quarant’anni della scuola, si può osservare il trend della politica scolastica, evoluzione sintetizzata dalle modalità seguite per introdurre l’automazione.

Il Piano Nazionale per l’Informatica è stato sostituito dal Piano Nazionale Scuola Digitale.

Dalle parole si desume il cambiamento di rotta e la conseguente regressione culturale: l’informatica sta al digitale come l’ingegneria sta alle opere murarie.

Il P.N.I. valorizzava l’approccio metodologico e lo proponeva ai docenti di matematica e di fisica perché lo padroneggiassero per le loro materie. Si chiedeva loro di rivisitare la propria disciplina per sfruttare le opportunità offerte del calcolo automatico. I docenti, al loro ritorno a scuola, dovevano riportare ai colleghi la loro esperienza e mostrare come il cambiamento prodotto dalle nuove tecnologie dell’informazione fosse indipendente dalle macchine. Ne derivava l’arricchimento dell’immagine delle discipline: la conoscenza depositata nei sacri testi è da associare ai problemi che l’hanno generata e ai procedimenti che hanno condotto alla sua scoperta.

Mostrava i limiti dell’insegnamento per regole: bisogna affiancalo con la didattica per problemi.

Il messaggio del P.N.S.D. è ben sintetizzato dal termine oggi in voga tra i politici: Coding.

Un pensiero di Thomas Eliot incornicia quanto esposto: “Dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?”.

Enrico Maranzana