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Le scuole si svuotano di alunni e migliaia vengono chiuse, ma il paradosso è che crescono le classi pollaio con oltre 27 iscritti

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Le promesse cicliche sul miglioramento della scuola italiana si infrangono sui numeri impietosi degli ultimi anni: i dati ufficiali sul numero di istituti chiusi e sulle classi pollaio, entrambi in deciso aumento, stridono non poco con la riduzione importante degli iscritti nelle nostre scuole.

Tuttoscuola ha ricordato che rispetto all’anno scolastico 2021/22, lo scorso settembre hanno ripreso le lezioni negli istituti italiani ben 121mila alunni in meno, dopo che già rispetto all’anno precedente se ne erano persi altri 100mila. Quindi, ha fatto notare che le classi in meno sono state addirittura 2.545, sempre rispetto al 2021/22.

Queste flessioni importanti di iscritti hanno comportato due conseguenze. La prima, quella che più preoccupa, è il venir meno di 115 plessi: se nel 21/22 erano 40.581, quest’anno i “punti di erogazione del servizio”, gli edifici scolastici, si sono ridotti a 40.466. In tutto, nel decennio passato sono stati chiuse qualcosa come 2.600 sedi scolastiche. Una cifra ragguardevole. E potrebbe non finire qui, è il caso di dire, perché il dimensionamento previsto dal Governo Meloni prevede la fusione di altri 700 istituti in alcuni anni: il ministro Giuseppe Valditara ha assicurato che le sedi rimarranno tutte in vita, ma permane qualche dubbio, soprattutto per le scuole di provincia con pochissimi iscritti.

Il secondo effetto conseguente alla denatalità, quello più “curioso”, riguarda le cosiddette “classi pollaio”, composte da più di 27 alunni: alla riduzione sensibile degli alunni complessivi ha fatto seguito l’aumento di 212 classi con oltre 27 alunni iscritti, rispetto sempre al 2021/22. Il risultato è che vi sono in Italia, in tutto, 65.430 allievi che hanno tra i 27 e 31 compagni di classe.

Ancora Tuttoscuola ha calcolato che le classi sovraffollate risultano concentrate negli istituti superiori: ben 4.679. Soprattutto nelle classi prime della secondaria di primo grado: quest’anno sono state 2.459 su 25.026, quindi circa il 10%, le classi con una incidenza superiore a 27 studenti per classe.

Una circostanza che non aiuta certamente a migliorare la didattica, perché penalizza tutti gli studenti, anche quelli più inclini allo studio: l’attenzione media del docente, infatti, ad iniziare dai piani recuperi e dalla personalizzazione, verso ognuno di loro risulta sicuramente condizionata dal numero complessivo di iscritti per classe davvero troppo alto.

Eppure, su questo fronte l’ex ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi aveva più volte spiegato che quello delle classi pollaio non era un problema prioritario e comunque di importanza inferiore rispetto alla mancanza di iscrizioni nelle province più piccole e isolate.

Il tema è stato ripreso, tra l’altro, anche da Elly Schlein, in occasione dell’insediamento a segretaria del Partito Democratico.

Schlein ha dichiarato che durante il suo operato a capo del Pd si sarebbe impegnata per “ridurre il numero di bambini e bambine nelle classi”. E anche il tempo pieno.

Sugli alunni a scuola fino al pomeriggio, abbiamo più volte ricordato che con Giuseppe Conte a capo del Governo, il M5s stanziò i finanziamenti per introdurre migliaia di classi, ma al Sud la domanda fu così debole che i fondi tornarono quasi tutti indietro.

Mentre sulle classi numerose c’è da ricordare che finché rimarranno in vigore i parametri per la formazione delle classi introdotti dal Dpr 81/2009 approvato dall’ultimo Governo Berlusconi, tutti i buoni propositi risulteranno inutili: gran parte delle 2.600 sedi scolastiche venute meno in dieci anni si devono proprio a quel decreto presidenziale.

E nemmeno con i miliardi del Pnrr si è riusciti a scardinare quelle soglie davvero troppo alte, si cui svettano i 27 allievi della prima superiore, ideati proprio dal duo Tremonti-Gelmini nel 2008: una condizione che, indubbiamente, danneggia non poco gli alunni costretti a stare con così tanti compagni, soprattutto se nella classe pollaio vi sono anche allievi con disabilità, Dsa e Bes.

Va detto, infine, che nemmeno il Pd, al governo in diverse occasioni negli ultimi anni, ha in fondo mai intrapreso questa battaglia per cambiare le norme: quindi, Schlein dovrà riuscire a sovvertire non solo l’operato legislativo del Centro-Destra, ma anche l’inerzia sostanziale di chi l’ha preceduta al Nazareno.