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Manovra finanziaria a rilento, per la scuola resta il taglio di 600 scuole entro il 2031 e poco altro; nessuna misura sul precariato, niente sui vincoli e sugli organici

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Passano i giorni, anzi le settimane, e appare sempre più evidente che per esaminare la legge finanziaria per il 2023 il Parlamento avrà a disposizione pochissimo tempo.
Nella migliore delle ipotesi la Camera potrà iniziare a lavorare sul provvedimento non prima del 6 dicembre (in genere nella giornata del lunedì Commissioni e Aula lavorano a ritmo molto ridotto, anzi spesso non si riuniscono affatto).
Va poi messo nel conto che la prossima settimana ci sarà anche la festività di giovedì 8.
A conti fatti i giorni a disposizione sono davvero pochi: parliamo cioè della settimana dal 12 al 17 e di quella successiva dal 19 al 23.
Stando alle ultime notizie la prossima settimana potrebbe essere dedicata alle audizioni in Commissione Bilancio, nell’arco di pochissimi potrebbero scadere i termini per la presentazione degli emendamenti.
Il dibattito vero e proprio si dovrebbe concentrare tutto in una manciata di giorni, dal 12 al 23 dicembre, davvero pochi per sciogliere i nodi della manovra.
Manovra nella quale molto difficilmente potranno essere inserite disposizioni che riguardino la scuola.
Restano ovviamente i 150 milioni aggiuntivi per il CCNL 2019/2021, ma sul tema del precariato non ci sarà nulla, così come non ci saranno disposizioni per rivedere la questione dei vincoli alla mobilità del personale.
E nulla ci sarà in materia di concorsi, di organici e di reclutamento; chi sperava di leggere nella manovra qualche cosa sul tema del cosiddetto “organico Covid” del personale Ata rimarrà quasi certamente deluso.
Non ci saranno neppure disposizioni sull’Invalsi, come avevano annunciato in campagna elettorale parlamentari di Fratelli d’Italia.
Ogni possibile intervento legislativo relativo alla scuola verrebbe così rimandato al 2023, ma eventuali misure in materia di precariato difficilmente potrebbero avere effetto già per l’anno 2023/24.
In mancanza di un intervento legislativo non cambierebbe nulla neppure in fatto di reclutamento e i concorsi per i docenti potrebbe continuare ad essere svolti con le “prove a crocette” contro cui tutti si sono schierati.