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Meglio che i presidi scelgano gli insegnanti o il Collegio docenti il preside?

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Qualche mese fa l’Associazione Nazionale Preside  tramite il proprio presidente affermava: “Se vogliamo davvero parlare di reclutamento snello, per usare le parole del ministro, i dirigenti scolastici devono poter scegliere i docenti, in particolare i supplenti, sulla base delle competenze e non delle graduatorie. La responsabilità è, e deve essere, del dirigente”.

In altre parole un ritorno al passato, un ritorno ai dettami della legge 107 con le già viste dinamiche della chiamata diretta. In opposizione a quanto affermato dalla più importante associazione italiana dei Dirigenti scolastici, dalla pagina Facebook di Regolarità e Trasparenza nella Scuola è partita una provocazione che trova terreno fertile in quella  idea di preside elettivo, più volte dichiarata dal sindacato Gilda degli insegnanti.

Infatti, la Gilda afferma: “Il Collegio docenti deve essere presieduto da un docente eletto (facendo riferimento a quanto già previsto nelle Università con i presidi di facoltà elettivi). E’ possibile oggi impostare una campagna in favore del preside elettivo: l’autonomia delle scuole perché possa essere reale autodeterminazione deve raggiungere capacità di autogoverno e la figura del preside elettivo sarebbe coerente con questo percorso. Una scelta di questo tipo consentirebbe di consegnare l’attuale figura del dirigente ad un ruolo che espleta la sua efficacia relativamente agli aspetti gestionali ed amministrativi, permetterebbe altresì alla stessa amministrazione centrale di utilizzare questi stessi dirigenti in ambiti operativi anche diversi dalla scuola, oppure su più istituzioni scolastiche contemporaneamente con un notevole risparmio di spesa“.

La provocazione di RTS è la seguente: “Se vogliamo parlare di una dirigenza scolastica snella, il collegio docenti deve poter scegliere i Dirigenti scolastici”.

Teorie e contro teorie che gettano una cortina fumogena verso i veri problemi della scuola statale che oggi possono essere concentrati nelle azioni di regionalizzazione delle regioni del nord, con la conseguente desertificazione della cultura nel sud di Italia.