“Gli insegnanti italiani esprimono una buona soddisfazione per il loro lavoro: se la percentuale di soddisfatti del proprio stipendio risulta piuttosto bassa, emerge infatti l’idea di sentirsi valorizzati sia dagli studenti sia dai loro genitori, come pure dai colleghi e pure dal dirigente scolastico. Dai dati emersi emerge un quadro diverso dal luogo comune che vede il nostro insegnante poco valorizzato: ma questo avviene quando ad esprimere un giudizio verso di loro è la società in generale e i decisori politici”. A sostenerlo è Laura Palmerio, responsabile Indagini internazionali Invalsi, intervistata dalla ‘Tecnica della Scuola’ a margine della presentazione, svolta il 15 ottobre al ministero dell’Istruzione, dei risultati derivanti dalla maxi indagine “Ocse Talis 2024”.
L’indagine Ocse Talis ha coinvolto circa 200 scuole in Italia e circa 3.500 insegnanti. Si tratta di un’indagine internazionale che ha riguardato numerosi paesi e ha fatto luce su tanti aspetti della professione insegnante: dalla formazione all’insegnamento, dalla soddisfazione per il proprio lavoro alle relazioni professionali e tantissimi altri aspetti. Sono emersi diversi spunti interessanti, anche rispetto ai dati italiani.
“Innanzitutto – ha spiegato la dottoressa Palmerio – in Italia c’è una propensione al lavoro che porta un certo grado di soddisfazione, anche superiore rispetto all’estero. Ecco, questo malgrado gli stipendi non siano elevati.
“Riguardo il profilo del docente italiano – ha continuato -, i nostri insegnanti sono tendenzialmente più anziani rispetto alla media Ocse e sono composti principalmente da personale di genere femminile, più della media Ocse. Abbiamo anche percentuali piuttosto elevate di insegnanti che hanno svolto altre professioni prima di insegnare e che quindi hanno scelto l’insegnamento come seconda carriera”.
“Emerge anche un’idea di sentirsi valorizzati sia dagli studenti che dai genitori degli studenti, ma anche dai colleghi, dal dirigente scolastico, quindi in generale emerge un quadro un po’ diverso da dal luogo comune che vede l’insegnante, diciamo, sempre poco valorizzato”.
“La maggior parte degli insegnanti italiani si dichiara soddisfatto delle relazioni professionali, a partire da quelle con gli studenti per arrivare al rapporto con il dirigente scolastico, che avvertono come un punto di riferimento, anche per assicurare dei feedback utili alla loro professione. Diciamo che emerga una fiducia reciproca”.
Dallo studio è emerso che c’è una tendenza al burnout, soprattutto a fine carriera: “Le principali fonti di stress – puntualizza Palmerio – sono il dover correggere molti compiti a casa, l’eccessivo carico di lavoro amministrativo e poi anche la gestione della classe.
“Gli insegnanti più esperti sono anche quelli più insoddisfatti, forse perché più stanchi: l’entusiasmo, insomma, è venuto meno, quindi emerge una maggiore insoddisfazione futuro. La formazione? Da una parte viene ritenuta soddisfacente, sia quella iniziale sia quella in servizio. È emerso anche il bisogno di essere formati di più sull’utilizzo delle tecnologie, dell’intelligenza artificiale in particolare, di cui si avverte, diciamo, una carenza appunto di competenza come anche di infrastruttura: ciò si riflette anche in un minor utilizzo da parte degli insegnanti italiani rispetto alla media Ocse”, conclude l’esperta che opera per l’Invalsi.




