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A settembre gli “Stati generali” della Scuola

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Nel prossimo mese di settembre si svolgeranno gli “Stati generali” della Scuola: l’annuncio è stato fatto il 19 marzo dal ministro  dell’Istruzione, Francesco Profumo, intervenendo alla presentazione di ‘Ripartire dalla scuola’, una rubrica contenuta nel numero di marzo della rivista Italianieuropei, la fondazione di Massimo D’Alema. Il Ministro ha spiegato che si tratterà di un’occasione che servirà a “far parlare i ragazzi” perché noi non “abbiamo tutte le risposte” e “sappiamo la metà delle cose”, con il risultato che “molte volte i nostri figli a scuola si annoiano”. Invece, ha sottolineato Il ministro, “in questi ultimi centocinquantanni é stata uno dei simboli dell’Unità d’Italia: il valore della scuola va ben oltre”, perché la scuola “é il modo di costruire la nuova cittadinanza”. “Nella scuola oggi ci sono delle opportunitá che sono difficilmente quantizzabili, ma noi – ha aggiunto Profumo – dobbiamo usare questi anni di crisi, che non è finita, per costruirci un Paese migliore nel quale vivere”.
Durante l’intervento, Profumo ha poi confermato un concetto: “la scuola non ha bisogno di ulteriori riforme, già ce ne sono state troppe”. Lo ha detto il ministro “Sono davvero colpito in modo negativo – ha detto il ministro – dal fatto che la parola piú ricorrente al ministero sia ‘norma’, dal fatto che per fare qualsiasi cosa sia necessario ‘fare una norma’. Ma non c’é modo di fare qualcosa per far funzionare meglio quel che c’è? Lo dicevo l’altra sera a Monti: ‘Stiamo facendo liberalizzazioni, semplificazioni… Ma siamo certi – ha chiesto Profumo al premier – che non sia il caso, prima, di far funzionare quel che c’é?”, ha sottolineato Profumo.
A proposito del tavolo sul lavoro che si sta riunendo in questi giorni a palazzo Chigi, il ministro dell’Istruzione ha detto che siamo di fronte ad “una cosa molto complessa che speriamo si risolva nel modo auspicato. Io peró penso che non si sia dato il giusto peso al rapporto scuola-lavoro. Eppure – ha sottolineato Profumo – ci sono dei Paesi dove il ministero dell’Istruzione e quello del Lavoro sono lo stesso. Io auspico – ha detto il ministro – che quando sarà concluso questa fase ci sia un momento di riflessione sul ruolo dell’apprendimento e della formazione al lavoro”. In particolare, Profumo ha sottolineato che “i soldi che spendiamo in formazione regionale li buttiamo via, perché continuiamo a formare persone per dei mestieri che non ci sono più”.
Un intervento altrettanto “forte” è stato anche quello del presidente del Copasir, Massimo D’Alema: “è importante, anche in momento di crisi economica, quando sembrerebbero altre le priorità, – ha sottolineato D’Alema – rimettere l’accento sul rilancio del mondo della scuola”, elemento che “deve essere una delle grandi iniziative per uscire da questa situazione, se non altro perché quella scolastica é la principale delle politiche pubbliche”.
Secondo il presidente del Copasir “non c’é dubbio che la sfida europea si gioca a livello di innovazione”, che non é solo corsa agli investimenti, ma anche “capacità della scuola di formare persone propense all’innovazione”. Inoltre, secondo D’Alema il ruolo della scuola “non puó essere solo quello di tramandare i valori della tradizione italiana” ma deve essere anche creare le condizioni “per l’inclusione dei numerosi nuovi cittadini di cui l’Europa e l’Italia hanno bisogno”, nonostante ci sia “un quadro di scarsità di risorse preoccupante”. “E’ importante – ha quindi concluso – tornare a riflettere sui contenuti e su rischio di un certo deperimento dell’asse umanistico della scuola italiana, che non é un fatto positivo”.

D’accordo con D’Alema si è detto il professor Giulio Ferroni, autore del primo saggio contenuto nella rivista. “Ricostituire un rapporto tra le gerarchie delle cose – ha detto – ci potrebbe aiutare, perché la scuola non puó essere davvero solo Inglese, Internet e Impresa. La scuola non puó servire solo a inseguire i cambiamenti dell’economia”. Non solo: rilanciare il ruolo della scuola, ha concluso Ferroni, potrebbe aiutare ad “allontanarci dal degrado anche intellettuale”.