Home Attualità Alle docenti in gravidanza viene negata l’abilitazione all’insegnamento?

Alle docenti in gravidanza viene negata l’abilitazione all’insegnamento?

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Se lo chiede Luigi Gallo, deputato del Movimento Cinque Stelle, che ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che chiede un intervento rapido sulle modalità di accesso ai corsi per l’abilitazione all’insegnamento e la specializzazione per il sostegno.

FREQUENZA OBBLIGATORIA E NESSUNA AGEVOLAZIONE PER LE FUTURE MAMME

“L’Italia non è un Paese per donne lavoratrici, neanche nel mondo della scuola, denuncia Gallo. Prendiamo il caso dei decreti del Miur che regolano l’accesso ai corsi. Per la frequenza a entrambi i percorsi non solo è previsto il pagamento di una tassa di iscrizione elevata ma per accedere all’esame di abilitazione è richiesto un alto tasso di frequenza obbligatoria. Nulla si dice sulle donne in congedo per maternità: alle future madri è negato di fatto il diritto all’abilitazione professionale. Future madri, quindi, per il Miur, future disoccupate. E’ ancor più grave che ciò accada sotto un Ministro dell’Istruzione che ha parole, e forse solo con quelle, vorrebbe tutelare le donne”.

Il parlamentare pentastellato chiede alla ministra di “intervenire urgentemente per garantire pieni diritti alle donne che in stato di gravidanza non possono accedere, in assenza di specifiche norme, ai corsi di abilitazione all’insegnamento, assicurando loro la massima tutela dei diritti costituzionalmente garantiti in materia di maternità e di pari opportunità tra uomo e donna”.

ANCORA DISPARITÀ DI GENERE

“Voglio capire – continua Gallo –  come si pensa, in questo Paese, di invertire la tendenza che vede l’Italia al 49esimo posto trai paesi analizzati dal World Economic Forum rispetto all’indice di disparità di genere. Per l’Ocse, in Italia una donna su due non lavora e quasi la metà della popolazione femminile rinuncia a lavorare per occuparsi esclusivamente della propria famiglia. Al Sud la situazione è tragica, con picchi che in Regioni come la Sicilia dove solo il 27% delle donne lavora. Se i presupposti sono questi, se anche il mondo della formazione sbatte la porta in faccia alle donne in attesa di un bambino, siamo a pieno titolo in un sistema che alimenta l’arretratezza italiana”.