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ChatGpt, il giornalista Nicoletti: “I docenti potrebbero non più correggere compiti, ma cercarvi tracce dell’intelligenza artificiale”

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Da giorni di sente parlare con insistenza di ChatGpt, un nuovo modello di Generative Pretrained Transformer di OpenAI che, in poche parole, permette di ottimizzare l’interazione degli utenti (umani) con l’intelligenza artificiale. Il mondo della scuola si è allarmato: quali sono i rischi dell’uso di questo strumento? Come riconoscere se un alunno ha svolto un tema usando ChatGpt e non con le proprie forze e conoscenze?

Come riporta La Repubblica, il Dipartimento per l’Educazione di New York ne ha addirittura vietato l’uso “a causa dei timori per l’impatto negativo dell’apprendimento degli studenti”. Dopo la Grande Mela è stato poi il turno di Los Angeles.

E in Italia? Ancora non è stato fatto nulla di ufficiale, ma anche nel nostro paese si parla di divieti: “È sicuramente opportuno regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale in classe, magari in maniera differente tra scuola primaria e secondaria, così come peraltro già si fa con gli smartphone o la semplice calcolatrice – ha precisato a Italian.Tech Gianna Barbieri, Direttore generale per l’edilizia scolastica e la scuola digitale del ministero dell’Istruzione e del Merito -. Ma costruire muri non ferma il vento: la scuola dovrà rispondere alla sfida lanciata dalle enormi potenzialità di questi strumenti”.

Reazioni miste

“Sarà importante – ha concluso Barbieri – lavorare sulle meta-competenze cognitive e anche non cognitive, funzionali a governare strumenti complessi come quelli implementati con l’IA. La scuola deve accrescere negli studenti le capacità di discernimento critico e offrire loro le basi per l’utilizzo di qualsiasi strumento in modo etico”.

Ottimista il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Antonello Giannelli, che ha commentato: “Mi sembra che l’IA possa essere una grande opportunità per i docenti e per gli alunni, anche alla luce delle linee guida della Commissione Ue. L’interazione positiva e consapevole con questi sistemi può solo favorire l’innovazione delle metodologie didattiche”.

Nel frattempo, sono emersi tool, come GPTZero, che consentono di inserire un testo e scoprire se è stato creato dall’intelligenza artificiale. “Necessario che la classe docente sia consapevole e formata e che le vengano messi a disposizione strumenti di verifica efficaci. Se gestita in modo consapevole da parte di studenti e docenti, l’IA generativa può essere un supporto alla didattica”, ha detto Michele Nappi, professore ordinario al Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Salerno.

“Inibire è sbagliato”

Ad essere contrario ad eventuali divieti è il giornalista Gianluca Nicoletti, che ha riflettuto sul tema in un breve articolo pubblicato su La Stampa. Secondo quest’ultimo la direzione presa dal ministero dell’Istruzione e del Merito è praticamente opposta alla modernità: “La scuola italiana deve accettare che il mondo stia cambiando. Gli studenti italiani hanno scoperto ChatGPT, infischiandosene del merito e forse anche di essere istruiti. È un bel problema per chi pensi ancora di impegnarsi in battaglie di ripristino delle regole, come il sequestro degli smartphone o la messa all’indice delle parole straniere”.

Secondo Nicoletti i docenti dovrebbero adattarsi ai cambiamenti: “Mentre si cerca il paradiso perduto della didattica perfetta, il vero lavoro dell’insegnante potrebbe non essere più quello di correggere un compito, quanto piuttosto quello di cercare tracce dell’intelligenza artificiale che lo ha scritto o elaborato al posto dello studente. La soluzione non potrà certo essere, ancora una volta, quella di bloccare, impedire, inibire. Nemmeno è possibile continuare a considerare ogni messa a repentaglio di routine scolastiche centenarie una rivoluzione da soffocare. I professori dovrebbero saper fare di ChatGPT argomento delle loro lezioni”, ha concluso.