Home Attualità Che far fare ai nostri ragazzi, ora che sono in vacanza?

Che far fare ai nostri ragazzi, ora che sono in vacanza?

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A parte quelli di terza media, impegnati sino al 30 giugno, e a quelli impegnati con gli esami di maturità, sino al 10 luglio circa, tutti gli altri sono finalmente liberi.

Forse a qualcuno, pensando all’estate, è ritornata alla memoria la battuta, dello scorso anno, del ministro Poletti sulle “troppe vacanze” dei nostri studenti. Con le relative code polemiche sui pro e contro.

Meglio spingerli a fare dei “lavoretti”, secondo alcuni, meglio stimolarli cioè, quanto prima, a fare esperienza diretta del mondo del lavoro.

Questo perchè i nostri percorsi formativi sono pensati ancora lontani dal mondo del lavoro, il quale, oggi più di ieri, è uno dei pochi momenti davvero formativi, nel senso di orientativi le scelte scolastiche ed universitarie.

Secondo altri, le vacanze sono uno dei momenti di maggiore stimolo e libertà. Viva dunque le vacanze!

Questo non toglie che moltissimi ragazzi e ragazze, durante l’estate e nei fine settimana, autonomamente decidano comunque di impegnarsi in varie forme. Per dare una mano alle difficoltà familiari, o, più semplicemente, per qualche soldino in proprio.

Ma la cosa che credo meriti una particolare attenzione, al di là delle scelte estive dei ragazzi e delle loro famiglie, è la sottolineatura, a tutto tondo, del valore orientante del mondo del lavoro.

E’ verso i 18 anni che i nostri giovani si trovano di fronte alle domande-chiave che segneranno la loro vita. Le possibili risposte non possono non, in questi momenti, incrociare il tema del lavoro, della professione, sapendo comunque la problematicità dei nostri giorni: penso ai Neet, alla grave disoccupazione giovanile, ai frammenti contrattuali, al precariato, ma anche alle start up, cioè alle nuove opportunità, con l’auto-creazione del proprio presente-futuro nelle nuove professioni.

Non molti conoscono, ad esempio, i dati Alma Laurea, con il 50% di laureati che ammette di avere sbagliato scelta delle scuole superiori e universitarie. Se poi diamo unocchiata alle tante statistiche sulla disoccupazione giovanile, sul mancato raccordo tra formazione e lavoro, dovremmo guardare, credo, positivamente a tutte quelle opportunità che possono aiutare e orientare, nel concreto, le scelte dei nostri ragazzi e delle loro famiglie. Una sorta di bagno di realtà non credo faccia male a nessuno.

La battuta di Poletti, per andare al sodo, non va banalizzata, come notizia tra le tante, nella comune indifferenza. Come è invece avvenuto. Perché impone una particolare attenzione al tema dei temi della vita di oggi, il lavoro. Perché la sensibilità verso il lavoro, la auto-imprenditorialità, lo sappiamo, non si crea per decreto, nemmeno con manifestazioni piene di slogan, con la mera invocazione dei diritti e la pretesa tutela assistenzialistica dello Stato.

Formare alla cultura del lavoro, dunque. E le scuole superiori possono fare, in questo senso, la loro parte organizzando in modo puntuale gli “stage estivi”, grazie al raccordo con le associazioni professionali e imprenditoriali.

Dedicare parte del tempo estivo, quindi, ma anche dellanno scolastico, a momenti di impegno in questo o quel settore, non può che far bene. Oltre quellalternanza scuola-lavoro che, prevista dalla Buona Scuola, è diventata parte integrante della vita scolastica del triennio delle superiori (400 ore per i Tecnici e 200 per i Licei). Esperienze motivanti e orientanti, dunque.