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Chiamata diretta, 1 preside su 2 non l’ha fatta. Storia di un flop annunciato

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Nel corso della calda estata, contraddistinta da assunzioni in ruolo, mobilità e graduatorie d’istituto, abbiamo parlato del flop della chiamata diretta.

Infatti, quello che doveva essere uno dei capisaldi della Buona Scuola, con annessa creazione della figura, a questo punto mitologica, del preside sceriffo, è saltata lo scorso anno a causa dei ritardi dei trasferimenti dello scorso anno, e quest’anno, come riportano le stime dei sindacati, si legge su Il Fatto Quotidiano, sono stati quasi il 50% i dirigenti che hanno scelto di rifugiarsi nell’assegnazione d’ufficio. Perché? I tempi serrati, le segreterie in tilt, la burocrazia infinita, ecc…

Così le immissioni in ruolo di 52mila unità, quest’anno sono diventate una lotteria, con l’altra parte che ha deciso di procedere con le chiamate dirette spesso al centro di polemiche, come una docente di spagnolo che “denuncia” di essere stata scartata dal Ds perché in maternità: “La mia storia è molto semplice: con un bimbo appena nato avrei avuto diritto a tre mesi ad orario ridotto, ma chi la vuole una docente che ti lascia dei buchi da coprire?”, si legge ancora su Il Fatto Quotidiano, che prosegue con un altro esempio di malcontento: a Roma la prof di matematica aveva tutti i titoli richiesti dal bando, ma si è vista superare da un collega con meno punteggio, che però in quella scuola aveva già lavorato. “Guarda caso hanno scelto uno che era lì da tre anni. Quando l’ho scoperto tremavo dalla rabbia”.

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Ma questo sistema, quando usato, che scontenta i docenti, non piace nemmeno ai dirigenti scolastici: “La procedura è troppo laboriosa e si scontra con le scadenze fissate dal Miur, dichiara il presidente Ezio Delfino, dell’associazione dei dirigenti scolastici Disal. Il rischio di vedersi recapitare ricorsi e accessi agli atti è dietro l’angolo. E non c’è nemmeno la certezza di veder arrivare l’insegnante prescelto, visto che un docente se riceve più offerte può andare dove vuole. La verità è che il gioco non vale la candela”.

Inoltre, aggiunge che anche se “non è possibile fare una stima precisa, perché la situazione cambia da territorio a territorio, dalle testimonianze dei miei presidi posso dire che praticamente uno su due non l’ha fatta”.

 

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