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Competenze digitali, ecco il piano Miur per colmare il ritardo dei nostri alunni

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Il gap italiano riguardo le competenze digitali è figlio del divario strutturale e culturale presente da tempo in Italia rispetto ad altri Paesi moderni.

Un gap che rimane in vita, nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni dai governi; reso ancora più vistoso dal mercato in considerazione del fatto che sono previsti nel 2020 oltre un milione di posti vacanti sul digitale nei diversi Paesi d’Europa.

Come noto, in Italia uno dei motivi di questa situazione, che si traduce poi nella forte disoccupazione, è nel forte disallineamento tra domanda ed offerta.

Occorre quindi investire sulle competenze digitali, per innovare la scuola ed avvicinare sempre di più gli studenti al mondo del lavoro. Ma per accelerare questo processo serve anche la consapevolezza nel voler cambiare.

Questa è la ricetta che Donatella Solda e Damien Lanfrey descrivono in un articolo per il sito “Agenda Digitale”, con cui mettono a fuoco le azioni che il ministero dell’Istruzione ha attivato per colmare il gap formativo ed in particolare il forte investimento (80 milioni di euro) sulle competenze digitali, lanciato dal Miur.

Il progetto, incentrato su dieci azioni sulle competenze degli studenti, prevede due linee guida fondamentali: la prima riguarda le “competenze di cittadinanza digitale”, la seconda il “pensiero computazionale e la creatività digitale”.

La prima direttrice ha l’obiettivo di creare consapevolezza tra gli studenti nel saper cercare a valutare l’informazione, saper giudicare la fonte se attendibile o meno. Quindi, non solo sapere cosa vuole dire “fake news”, ma capire quale dinamica porta alla produzione di una notizia falsa; per poter vivere appieno le funzionalità e i vantaggi della rete “come spazio di creatività e collaborazione, condivisione e democrazia”.

 

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Il secondo percorso riguarda sia la necessità di riportare le basi dell’informatica e della programmazione nelle scuole, sia lo sviluppo del pensiero, la capacità di risolvere i problemi a livello interdisciplinare. La capacità nel “dare istruzioni efficaci a una macchina” che non è solo questione per gli informatici, ma è un tema aperto a tutti nel 21esimo secolo.

Alcune sperimentazioni promosse dal Miur, come “Programma in futuro” e “Coding in your class. Now”, vanno proprio in questa direzione: sono progetti che hanno visto coinvolti già oltre un milione di studenti per 10 ore di programmazione ciascuno e che vedranno una seconda fase in grado di coinvolgere fino a 5mila scuole per 70 ore di formazione per ciascuno allievo.

Ma è importante che per ogni soldo speso nel piano di investimento del PSND deve diventare, spiegano gli autori, un “moltiplicatore per lo sviluppo di competenze digitali degli studenti” e per rinnovare la didattica. Come è stato per la manifestazione “Roma Makers” che grazie ai finanziamenti ricevuti dal PNSD  sono stati creati spazi e competenze grazie all’incontro tra studenti e makers.

La scuola è in grado di fare quindi, da traino all’innovazione del Paese. Gli eventi e i numeri degli eventi che ci sono stati durante “l’internet day“ ne è la controprova. Su 1.800 eventi, 1.600 sono stati organizzati dalle scuole.

Lo si comprende anche dai tanti altri progetti sparsi sul territorio nazionale che la scuola può essere portatrice sana di innovazione, pilastro del cambiamento del Paese Italia.

In conclusione, l’investimento nella scuola ha il potere di trascinare la domanda di innovazione del Paese anche a livello internazionale. Un percorso di cui oggi non possiamo farne a meno.