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Dieci docenti precari senza stipendio da tre mesi, la scuola tampona coi fondi dei genitori

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Le storie con al centro i precari della scuola non finiscono mai di stupire. Come quella pubblicata il 21 maggio da un quotidiano nazionale, riguardante una decina di insegnanti non di ruolo in un liceo di Giussano, in provincia di Monza, dove il dirigente scolastico, d’accordo con gli studenti e, con ogni probabilità il Consiglio d’Istituto, ha deciso di anticipare uno dei tre mesi di stipendio, non ancora assegnati, attraverso un fondo cassa composto dai contributi volontari che le famiglie provvedono ad assegnare ogni inizio d’anno scolastico.
“In una scuola, quale elemento del resto può essere più importante – si sono detti i promotori dell’iniziativa – della presenza dietro la cattedra di docenti contenti di stare al loro posto?”. L’importo, circa 10.000 euro complessivi, del resto è solo un anticipo, in attesa che gli stipendi vengano finalmente assegnati dall’ente che deve provvedere al pagamento.
Tutto chiaro, quindi? Non proprio. Prima di tutto perché sarebbe stato sicuramente più logico destinare quei soldi alle emergenze per cui è stato costituito: dal materiale didattico ai corsi di recupero, passando per le visite culturali o semplicemente l’acquisto di libri per la biblioteca. Secondo poi perchè si è creato un precedente pericoloso: cosa accadrà il prossimo anno se dovesse ripresentarsi lo stesso problema?
A meno che la scelta non sia nata con un preciso obiettivo: quello di far emergere le inadempienze economiche dello Stato nei confronti della scuole italiane. Pare che i fondi ministeriali, per il cosiddetto “funzionamento”, non comminati solo al liceo lombardo, autore dell’iniziativa pro-docenti precari, superino ormai i 250.000 euro. In media ad ogni scuola ne andrebbero almeno 100.000. In tal caso l’idea, finalizzata a rendere pubblica l’emergenza fondi per le scuole, andrebbe intesa come una sorta di provocazione. Che ha funzionato meravigliosamente.