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Disagio giovanile: in un istituto superiore è stato costituito un team di docenti incaricato dello “star bene a scuola”

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In questi giorni si fa gran parlare del disagio della Generazione Z, di cui il cantante Blanco si è reso praticamente simbolo, e della fatica di molti ragazzi nel rispondere alle aspettative della società, soprattutto per quanto riguarda lo studio e i risultati raggiunti o meno a scuola e nella vita.

Ha fatto clamore in questi giorni il discorso di Emma Ruzzon, presidentessa del consiglio degli studenti e delle studentesse all’Università di Padova, che nell’aula magna dell’ateneo ha detto: “Stanchi di piangere i suicidi dei nostri coetanei. A noi studenti viene richiesto di eccellere nella precarietà e con aspettative asfissianti. Non si tiene conto dei tempi di ognuno di noi né degli ostacoli economici e sociali”.

Anche le numerose occupazioni scolastiche contro la scuola del merito e delle eccellenze voluta dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara negli ultimi mesi sono state delle vere e proprie casse di risonanza di questo disagio.

Il progetto “Star bene a scuola”

In una scuola veneta, l’istituto superiore Einaudi di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, come riporta Il Corriere della Sera, da anni si fa qualcosa di concreto per combattere il malessere dei ragazzi già tra i banchi di scuola. Qui esiste la figura del docente incaricato dello “star bene a scuola”, con una funzione strumentale ad hoc.

“La promozione della salute a 360° nei curricola di scuola è un percorso di ‘educazione’ trasversale a tutte le discipline, prevalenti o concorrenti allo sviluppo di una o più competenze chiave, che non disorienta ma orienta le progettualità, per promuovere nelle giovani generazioni l’impegno, in prima persona, per il benessere proprio e altrui”, così si legge nel sito web della scuola.

Ma che ruolo ha questo insegnante? La figura in questione deve captare eventuali segnali di disagio per prevenire casi gravi, agendo con discrezione in collaborazione con un team di psicologi. “Seguo i progetti di educazione alla salute, con associazioni che si occupano della prevenzione: dai tumori giovanili alle dipendenze- spiega Annamaria Faccio, 56 anni, insegnante di scienze che ha preso l’incarico di coordinatrice dello “star bene” due anni fa —. Ma anche gli interventi psicologici, coordinando tutte le attività, dallo sportello ascolto ai colloqui individuali e con le famiglie. C’è un rapporto continuo di relazione con i ragazzi, i docenti, per scegliere le strategie migliori, di informazione, comunicazione, intervento”.

Come stare bene a scuola nel post-pandemia?

Relazionarsi con i ragazzi, per gli esperti, sembra sia diventato davvero arduo recentemente: “Prima i ragazzi erano più portati a chiedere aiuto- spiega Faccio – adesso noto che hanno più problemi ad aprirsi, a parlare. I problemi più frequenti? Attacchi di panico, difficoltà di relazione con i coetanei, incapacità di gestire gli insuccessi, di essere giudicati, di prendere decisioni per il futuro”.

“In particolare, non sanno vedersi né in un futuro a medio né a lungo termine. Soprattutto dopo la pandemia abbiamo avuto ragazzi che si tagliano, anoressici, che non riuscivano a stare più di due ore in classe, che non volevano venire a scuola. Farli rientrare nella comunità scolastica non è stato facile. Anche qui abbiamo avuto un suicidio, e far accettare e comprendere ai ragazzi come reagire è stato un compito delicato e fondamentale per riprendere la normalità”, ha continuato, evidenziando il fatto che la paura del futuro è davvero aumentata nei giovani di oggi.