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Disturbi specifici dell’apprendimento: è boom di diagnosi, ma la scuola aiuta questi studenti?

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Si può parlare benissimo di boom di alunni con Disturbi specifici dell’apprendimento, dopo i dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione.

Infatti, diagnosi alla mano, il Miur conta ufficialmente tra statali e non, di ogni ordine e grado 186.803 alunni di cui 108.844 alunni con disturbi di dislessia, 38.028 di disgrafia, 46.979 di disortografia e 41.819 di discalculia.

Addirittura secondo l’Associazione italiana della dislessia sarebbero 350mila i ragazzi alle prese con questo disturbo, generando un po’ di confusione sulle certificazioni effettive.

“Nel corso degli ultimi anni le diagnosi di disturbo specifico di apprendimento, nelle sue varie forme, sono notevolmente aumentate” afferma il Miur: se nell’anno scolastico 2014/2015 si è registrata una percentuale di alunni con Dsa sul totale degli alunni pari al 2,1%, nell’anno scolastico 2010/2011 tale percentuale era di appena lo 0,7%”.

Il problema, tuttavia, come accennato in precedenza, deriva da una ricerca effettuata nella provincia di Como che lancia alcuni sospetti in merito alle certificazioni Dsa. Infatti, come riporta Il Fatto Quotidiano, nella provincia di Como gli alunni con difficoltà d’apprendimento censiti a gennaio erano 3.555; solo nel 2013 erano 2.370: un aumento del 50%. La crescita, in provincia di Como, si registra soprattutto alle scuole medie dove il tasso di dislessici e discalculici, è all’8,8% nelle statali e del 12,4% nelle paritarie. 

In base a questi dati, infatti, la relazione evidenzia delle cifre “gonfiate” delle diagnosi, però giustificate in tal modo: “questo sovradimensionamento rispetto alle percentuali attese è dovuto alla difficoltà del passaggio dalla scuola primaria alla secondaria, dove spesso c’è minore flessibilità didattica e meno disponibilità da parte dei docenti. Ciò incentiva una ‘ricerca della certificazione’ come palliativo al possibile insuccesso formativo”.

Quindi sotto accusa finiscono le scuole che non avrebbero ancora individuato le strategie adeguate per gestire queste problematiche, a partire da una corretta formazione dei docenti.

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Il presidente dell’Associazione per il coordinamento nazionale degli insegnanti specializzati, Daniela Lucangeli, su Il Fatto Quotidiano, prova a fare chiarezza e analizza la questione delle diagnosi Dsa e la formazione degli insegnanti: “ci sono bambini con disturbi specifici dell’apprendimento che hanno profili complessi; sicuramente il numero di diagnosi corrisponde non tanto ai disturbi specifici dell’apprendimento ma a quelli che in letteratura vengono definite ‘difficoltà nell’apprendimento’, profili misti di fatica. Altra cosa sono i bambini con un profilo di learning disabilities: sono ragazzini che con un aiuto specifico nelle strategie dell’apprendimento ottengono dei risultati significativi; molti di loro sono ‘falsi postivi’ cioè bambini che se trattati con didattica appropriata e competente possono ottenere i risultati che la scuola chiede”.

Anche Franco Botticelli, presidente dell’Associazione italiana dislessia, interviene in merito all’aumento delle diagnosi.”le polemiche sull’incremento delle diagnosi non tengono conto di una questione fondamentale: i casi sono aumentati perché nel 2010 è stata approvata la Legge 70 sui bisogni di apprendimento. Si parla di 150mila bambini diagnosticati: siamo al 40% rispetto alla stima dei 350 mila. Possiamo parlare di un boom della dislessia perché ora finalmente se ne parla. Le persone si riconoscono, riescono ad affrontare il problema e viverci tranquillamente”.

Quindi la scuola ha il compito di gestire al meglio queste problematiche, cercando di non mettere tutte le esigenze sullo stesso calderone, ma identificarle singolarmente e offrire l’adeguato rimedio.
Per fare questo deve incentivare la formazione dei docenti, che non deve essere approssimativa ma puntuale ed approfondita.

 

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