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Docenti: scuola non fa rima con salute

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Da un paio di anni è stato affiancato alla Commissione Medica di Verifica (CMV) un rappresentante dell’Ufficio Scolastico Regionale (USR) che supporti la predetta CMV nell’individuare le mansioni cui è possibile destinare un docente che, non più idoneo all’insegnamento, può pur sempre essere adibito alle cosiddette “altre mansioni”. In un primo momento la misura destò un comprensibile sconcerto perché non si riusciva a comprendere con quale diritto potesse fare parte di un consesso medico colui che, non avendo alcuna qualifica sanitaria, oltretutto rappresentava il datore di lavoro che avrebbe dovuto restare all’oscuro di quel dato sensibile appartenente al lavoratore noto come “diagnosi di malattia”. Si è pertanto cercata una soluzione, arrivando a consultare il rappresentante dell’USR solo a collegio medico ultimato e a paziente-docente congedato. Ovviamente con il fermo proposito di non comunicare la diagnosi al datore di lavoro, nel rispetto della terzietà della CMV stessa rispetto al funzionario USR e al lavoratore medesimo.

Tuttavia, lo sappiamo bene, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Ecco infatti cosa è accaduto a “Caio” in una CMV di un capoluogo regionale del Nord Italia.

 

 

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Allo scadere di un provvedimento di 6 mesi di inidoneità all’insegnamento per una sindrome ansioso depressiva, Caio si sottoponeva nuovamente a visita medica in CMV. Constatato il persistere del suddetto quadro clinico patologico, la CMV, supportata dall’ineffabile rappresentante dell’USR, assumeva per Caio il seguente provvedimento: “Inidoneità temporanea all’insegnamento; idoneo ad altre mansioni; in alternativa, qualora consentito dall’organizzazione scolastica, riutilizzabile quale supplente e senza l’impegno fisso su una classe per periodi non superiori ai 10 giorni”. In altre parole, si stabilisce che Caio sta ancora male e non può insegnare, tuttavia è ritenuto in grado di effettuare supplenze che non durino più di 10 giorni. La CMV si dimentica inoltre di stabilire, vanificando completamente l’essenza del provvedimento assunto, ogni quanto tempo Caio sia in grado di tenere la supplenza di 10 giorni. Si potrebbe infatti verificare il caso che Caio, ultimata una prima supplenza di 10 giorni, debba immediatamente intraprenderne una successiva e così via fino allo scadere dei termini della sua singolare inidoneità.

Non è tutto. Sappiamo oramai da innumerevoli studi scientifici che le inidoneità lavorative degli insegnanti sono dovute all’80% a cause psichiatriche. Nonostante questa realtà venga del tutto ignorata per ragioni di convenienza (non si allarma così la pubblica opinione né si investe in prevenzione come previsto dall’art. 28 del D.L. 81), anche Caio rientra nel suddetto 80%.

La certificazione medica da lui prodotta proveniva da un’amministrazione pubblica (Centro di Salute Mentale) e depone per una depressione reattiva per problematiche lavorative. Lo stesso specialista della CMV certifica che: “Ove Caio non deve confrontarsi direttamente con la classe e con gli alunni, egli è in grado di svolgere in modo professionale e competente le sue mansioni, senza che gli vengano attacchi di panico e di ansia libera. Ritengo pertanto tutelante per la sua salute psichica che continui a svolgere mansioni lavorative diverse dall’insegnamento ”.

Ed ecco la chiosa (leggi beffa) finale: “La inidoneità di cui trattasi è determinata esclusivamente da infermità che, allo stato degli atti, risulta NON DIPENDENTE DA CAUSA DI SERVIZIO”.

Tutto questo per dire che, se non si provvederà a riconoscere al più presto le patologie psichiatriche quali malattie professionale degli insegnanti, oltre a non riconoscere le cause di servizio, non riusciremo mai ad  avviare un valido piano di prevenzione che informi i docenti dei rischi che corrono, né potremo formare adeguatamente i dirigenti scolastici sulle loro numerose competenze medico-legali rispetto a personale scolastico e utenza.