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Giovani attratti solo da smartphone e pc, l’Istruzione diventa optional: il M5S chiede azioni coordinate tra scuola, sanità e servizi sociali

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Uno stadio di calcio da oltre 50 mila posti a spalti gremiti: è la quantità di giovani che oggi in Italia soffrono di hikikomori e di disturbi psicologici. Il loro è un disagio esistenziale a tutti gli effetti, perché vivono tutto il loro tempo libero chiusi in una stanza di casa il 99 per cento del tempo completamente persi davanti allo smartphone o al computer. In diversi casi, neanche vanno a scuola.

L’11 giungo il Movimento 5 Stelle ha presentato in Senato una mozione per chiedere un impegno concreto al Governo e a tutte le forze politiche sul tema Hikikomori. Al termine dell’iniziativa, i parlamentari M5S Antonio Caso, Felicia Gaudiano e Carmen Di Lauro hanno detto che “è giunto il tempo di affrontare seriamente il fenomeno dell’isolamento sociale volontario. È un tema troppo spesso ignorato, ma che riguarda migliaia di giovani e intere famiglie”.

Secondo i pentastellati, “dietro ogni porta chiusa c’è una storia, un disagio profondo, un bisogno di ascolto e di risposte. Servono prevenzione, ascolto, percorsi di reinserimento sociale e azioni coordinate tra scuola, sanità e servizi sociali”.

Dopo avere ricordato che anche alla Camera il M5s ha “presentato un’interrogazione sul tema ed organizzato una conferenza stampa con esperti, istituzioni e società civile per accendere i riflettori sul fenomeno”, i parlamentari grillini hanno concluso sostenendo che “il silenzio sul fenomeno degli Hikikomori non può più essere ignorato. È tempo che la politica dimostri attenzione, empatia e responsabilità”.

La dirigente di ricerca Sabrina Molinaro, del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc), si occupa di disagio mentale tra i giovani e ha tracciato un profilo degli hikikomori che vanno a scuola: “nella maggior – ha spiegato nell’ultima giornata della salute mondiale  – parte dei casi sono over 20. La popolazione che abbiamo preso in esame riguarda invece gli studenti che riescono a mantenere una relazione con l’istituzione scolastica, ma al di là della scuola non ci sono interazioni”.

“Sono ragazzi – ha continuato Molinaro – che rifiutano la relazione con l’esterno, i contatti con i pari e con il mondo fisico. Si chiudono nella loro cameretta e mantengono relazioni con il mezzo virtuale, poi le diminuiscono il più possibile fino a passare il proprio tempo dormendo o facendo giochi in cui non devono entrare in contatto come persone ma magari come avatar figure immaginarie”, ha concluso la ricercatrice.