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Giovani sempre più iperconnessi, ma anche più soli e a rischio salute. L’Oms avverte: l’aspettativa di vita aumenta coi legami sociali solidi

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Il paradosso è servito: nell’era dell’interazione on line, la solitudine aumenta e anche in modo esponenziale. Ciò comporta grossi potenziali sconvolgimenti per chi si trova in questa condizione: la solitudine cronica aumenta infatti del 30% il rischio di ictus e di incorrere in malattie cardiache, del 50% di avere a che fare con un declino di tipo cognitivo e addirittura del 25% il rischio di morte precoce. Come raddoppia il rischio di depressione, aumenta non di poco l’ansia e lo sviluppo di pensieri suicidari. Chi soffre di solitudine, inoltre, arriva a compromettere anche l’apprendimento e l’occupabilità: i ragazzi soli hanno il 22% di probabilità in più di andare male a scuola (una conseguenza inevitabile se si considera che l’apprendimento è in alta prevalenza frutto di interazioni), mentre gli adulti possono avere difficoltà a trovare un impiego. La solitudine, infine, mina la coesione sociale e costa miliardi in produttività persa e spese sanitarie. Dati e percentuali sono stati resi pubblici, ad inizio luglio, dalla Commissione Sociale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso il rapporto ‘Dalla salute alle connessioni sociali’, il cui senso principale è il seguente: “i legami sociali solidi aumentano l’aspettativa di vita“.

Di fondo, il rapporto, ripreso dall’agenzia Ansa, sostiene che una persona su sei nel mondo soffre di solitudine e questa condizione – che con il Covid ha avuto un forte incremento, anche tra le fasce giovanili – ha un forte impatto sulla salute fisica e mentale: tanto che ogni ora per le sue conseguenze mel mondo muoiono in media 100 persone, per un totale di 871.000 l’anno.

“Viviamo in un’epoca di connessioni infinite, ma sempre più persone si sentono isolate e questo genera costi enormi in sanità, istruzione e occupazione”, ha commentato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms.

Il fenomeno colpisce tutte le fasce d’età, ma in particolare i giovani e le persone nei Paesi a basso reddito.

Tra gli adolescenti (13-29 anni), il 17-21% si sente solo. Nei paesi a basso reddito, il tasso raggiunge il 24%, più del doppio rispetto a quelli più ricchi.

Dal rapporto dell’Oms risulta anche che gruppi, come anziani, migranti, persone con disabilità e Lgbtq+, sono particolarmente vulnerabili al fenomeno, ma le cause della solitudine sono tante, tra cui cattiva salute, basso reddito, istruzione carente o vivere già soli. Anche per questi motivi, il rapporto Oms raccomanda che la “connessione sociale sia integrata nelle politiche su salute, educazione, lavoro e accesso digitale“.

Un ruolo negativo lo ha anche la tecnologia, tanto che Chido Mpemba, co-presidente della Commissione avverte: la solitudine “se mal gestita, può indebolire le relazioni umane, invece di rafforzarle”.