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Gli istituti comprensivi? Da evitare

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Gli istituti comprensivi? Una scelta sbagliata, a meno che non si tratti di scuole collocate in particolari zone, come la montagna. Ad esserne convinta è l’Age della Toscana che ha inviato un “accorato appello” ai comuni della Regione perché non facciano questo genere di scelta in occasione della razionalizzazione della rete scolastica per il 2011, in programma nei prossimi giorni.
“Se in Italia esistono (e resistono) ancora quasi 1.000 scuole medie e circa altrettante direzioni didattiche, nonostante la precisa indicazione di convertirle in istituti comprensivi, significa che più di un buon motivo ci deve essere – sostiene Rita Manzani Di Goro, presidente dell’Age Toscana – Quella dell’istituto comprensivo è una scelta poco sensata per servire i bisogni dei territori cittadini: piace ad alcuni per nostalgia, ad altri perché si pensa di risparmiare, ma la realtà è ben diversa da ciò che si immagina”.
Secondo la leader dell’associazione di genitori toscani, la decisione di scindere alcuni plessi scolastici da un istituto e aggregarli a un altro “non è premiata né da un’effettiva continuità didattica né da un risparmio che in realtà non c’è: spezzando in due una direzione didattica troppo grande e una scuola media troppo piccola è quanto meno ingenuo, perchè ne potranno nascere solo due piccoli istituti comprensivi o un mega-comprensivo farraginoso e mal funzionante. E di risparmio – continua Di Goro – c’è solo lo stipendio del dirigente e del Dsga”.
Tra le ragioni per cui, sempre per l’Age della Toscana, un istituto comprensivo non si giustifica c’è anche il fatto che “gli ambiti territoriali così ristretti offrono minori opportunità alle famiglie al momento delle iscrizioni; l’accorpamento delle scuole in istituti comprensivi favorisce la creazione di scuole troppo grandi (quasi sempre oltre i 1.100 alunni) e perciò difficilmente governabili, con ricadute negative sulla qualità della didattica; la continuità è solo apparente; i collegi dei docenti resistono immiscibili fra i vari ordini di scuola; il dirigente non è in grado di capire appieno le esigenze di entrambi i gradi di scuola”. E per finire, ”il lavoro di segreteria risulta raddoppiato, a organico invariato”. Difficile non essere d’accordo con Di Goro: peccato che in un periodo storico come l’attuale, durante il quale la parola d’ordine che pilota le decisioni del Governo è ‘risparmio’, anche la sparizione di qualche centinaio di stipendi sembra essere diventato un traguardo determinante. Se poi a pagare il prezzo di queste scelte sono gli utenti, studenti e famiglie, poco importa.