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Il lavoro fisso visto da Zalone

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“Quo vado?” di Checco Zalone è la storia dell’adulto mammone che pur di non rinunciare all’impiego statale, si fa rimbalzare di regione in regione fino ad approdare al Polo Nord, divertendo gli italiani.

Campione di incassi, 36 milioni in pochi giorni, pone una domanda: il mito del posto fisso esiste ancora?

Confrontando diverse ricerche pubblicate da istituti accreditati il lavoro a tempo indeterminato non è da tempo tra i desideri dei giovani che non possono provare né la noia “montiana”, né la nostalgia “zaloniana” per un contratto che difficilmente gli verrà offerto e che comunque non desiderano più.

Nel 2013 su un campione di mille ragazzi ventenni, secondo una accredita indagine,  le priorità sono la soddisfazione nel luogo di lavoro (69%), il reddito (52%) e il bilanciamento tra impegni professionali e vita privata. Solo il 37% indica il posto fisso. Carriera e un percorso di crescita raggiunto solo con determinazione, talento e coraggio (senza la spinta di qualcuno, le università prestigiose e voto di laurea con lode che sono in fondo alle opzioni) erano gli obiettivi. Due anni dopo un’altra ricerca conferma questi trend.

Nel 2016 su più di 1.200 studenti tra i 17 e i 25 anni, per i più (61%) queste sono legate alla quotidianità: finire la scuola in tranquillità (46%) e prendere una laurea senza badare al voto (58%) . L’urgenza per molti (il 38%) è quella di diventare indipendenti economicamente dai genitori orientandosi verso le nuove professioni digitali, (32%): c’è chi sogna di lavorare nei social media (42%) e chi invece di mettersi in proprio e inventare un’app (27%) o una piattaforma e-commerce (23%). I lavori manuali (12%) e il sogno del posto fisso (8%) sono di nuovo in fondo alle preferenze.

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I giovani sono molto più realisti e concreti di quanto si pensi e ambiscono a costruire un “portfolio career”, la capacità di combinare insieme diverse esperienze professionali autonome, piuttosto che fermarsi a una singola esperienza di lavoro sicura e protetta.

La professione che da’ la libertà di lavorare dove e come si vuole non è scelta solo dagli “smanettoni”. Un’altra ricerca della società il 59% dei 6700 professionisti europei intervistati sarebbe disposto a lasciare l’impiego sicuro per un lavoro temporaneo ma che permetta una migliore qualità della vita e una crescita professionale e salariale. L’unico punto fondamentale dunque è il reddito. Chi si affaccia al mondo del lavoro non pretende postazioni fisse, benefit inutili e straordinari pagati ma chiede una retribuzione adeguata e “on time”, la cui gestione anche contributiva sia più semplice e meno penalizzante