Home Personale Il mestiere del prof? Ormai è lavoro rischioso

Il mestiere del prof? Ormai è lavoro rischioso

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Ormai sembra chiaro a tutti, la funzione docente non è più quella di almeno un ventennio fa, quando il prof in qualche modo era stimato, tenuto in considerazione e non aveva bisogno di imporre la sua figura alla classe, compresa la famiglia che su di lui contava per l’educazione del figlio. Il quale, se prendeva un brutto voto o faceva qualche marachella, era lui il primo responsabile, giammai il docente: non è più così. 

Alla prima reprimenda, bocciatura compresa, i genitori ricorrono ai tribunali che per lo più danno loro ragione, mentre le responsabilità, con gli anni, sono aumentate, tant’è che dalle gite scolastiche alla vigilanza a scuola e anche durante la ricreazione, l’unico perseguibile è il docente. In altri termini non può allentare la guardia e se non ha carisma sufficiente rischia pure di essere regolarmente bullizzato dai bulli che nelle scuole non mancano mai. E spesso non è neanche protetto dalla dirigenza che deve per suo conto badare pure alla sicurezza della struttura, compreso il tetto che cade, per evitare anche lui denunce e problemi, promuovendo comitati e organismi per la tenuta della salute di tutto il personale. Un miscuglio dunque così esplosivo che può detonare in qualsiasi momento, tenendo pure conto della imprevedibilità dei giovani e della loro inventiva spesso non conforme alla corretta urbanità. Colpa in vigilando si chiama, ma colpa anche nel giudizio, colpa nella reprimenda (guai a dire a un alunno asino!), colpa se sbaglia e colpa pure se scrive una nota che possa disturbare genitori un po’ permalosi e pieni di sé.

Tuttavia, ai giorni nostri, le cose hanno preso pure una piega ancora più pericolosa, grazie agli smartphon che sono diventi vere e proprie armi improprie in mano ai certi ragazzi non sicuramente interessati al loro mestiere di alunni.

Sono infatti tanti i prof che mentre spiegano o interrogano vengono regolarmente filmati, ma pure se passeggiano o sono intenti a fare cose diverse dall’insegnamento: anche per celia e per burla. Pubblicarli sui social diventa dopo cosa naturale, per cui la sua figura, quella della guida, del maestro che tutto sa e tutto capisce, almeno fino a qualche ventennio fa, cade ulteriormente sotto i colpi di un video che lo denigra. Qualcuno denuncia, la maggior parte lascia correre, nella convinzione che una pubblicità molesta non voluta possa portare conseguenze peggiori  dell’ignorare la questione.

Da qui anche la paura e gli atteggiamenti troppo permissivi di tanti prof, l’allargamento della manca nei voti, lo scadimento nei giudizi, a danno però del merito che, venendo umiliato, induce l’alunno che ha voglia di essere premiato a buttarsi di lato e seguire la massa meravigliosa della sfrontatezza.

Se dunque la scuola non riprende la sua effettiva funzione educativa e di centralità nell’istruzione, che possa migliorare appare difficile, anche perché si è capito, in somiglianza di tanti movimenti  spontanei, che un istituto si può occupare anche senza motivo, chiedendo perfino demagogici interventi, come la dieta a mensa scolastica basata sui “gruppi sanguigni”, o che basta un po’ di cagnara e una raccolta di firme su internet per costringere il ministro ad abolire la prova scritta agli esami di Stato, la cui prima sperimentazione avvenne l’anno scorso dopo il primo lockdown: e perché no anche quest’anno? E perché no allora anche negli anni futuri? E se non è così, pronta una manifestazione, sui cui slogan, per non perdere consensi, si cede. E il futuro si annuncia in questi termini, mentre una sorta di populismo scolastico continua il suo trionfale ingresso.