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Il Miur ancora condannato: 30.000 euro ad una docente per gli anni di precariato

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Secondo il giudice, Mariella Ianniciello, è illegittimo protrarre l’uso dei contratti a termine e sancisce che “ai fini della validità del singolo contratto, risulti, in forma scritta ad substantiam la specificazione delle esigenze temporanee, che costituiscono la causale giustificatrice dell’apposizione del termine; tanto è richiesto a pena di nullità della clausola appositiva del termine”. 
Pertanto “tutti i contratti menzionati in causa debbono essere considerati illegittimi”. Inoltre “il conferimento delle supplenze annuali al personale docente ed al personale amministrativo può essere disposto soltanto per la copertura di posti effettivamente vacanti”.
“Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative”.
Inoltre un lavoratore a termine nella pubblica amministrazione, specifica ancora la sentenza,  deve essere equiparato ai colleghi immessi in ruolo: “Solo se sussistessero motivazioni oggettive collegate alla diversa natura del rapporto a termine e alla diversa professionalità propria dei lavoratori, sarebbero infatti giustificati criteri diversi nel computo dell’anzianità maturati […]. Non vi è ragione alcuna per differenziare l’esperienza maturata in rapporto sine die rispetto a quella propria di una relazione a termine .” 
In altri termini, specifica il Codacons: ogni qualsivoglia differenziazione nel trattamento dei precari rispetto agli immessi in ruolo viola il principio di non discriminazione per cui il Miur è stato condannato a pagare alla docente 30.000 euro a titolo di risarcimento danni e per le differenze retributive maturate.