
Una bella iniziativa portata avanti da alcuni studenti di scuole napoletane: con uno striscione con scritto, in inglese, “Ciao turisti, vogliamo imparare l’inglese, fermatevi a parlare con noi” i ragazzi, dai 15 ai 18 anni si sono messi a girare per la città in cerca di turisti per fare pratica.
Come riporta La Repubblica, gli studenti sono stati accompagnati in questo tour formativo da alcuni adulti nelle giornate di festa, come il 25 aprile. Per loro festività sono diventate un momento di apprendimento. Il segreto per infondere voglia di conversare? Indossare una maglietta del Napoli calcio.
“Funziona”
“Funziona, si fermano a parlare con noi – racconta la portavoce del gruppo – principalmente sono inglesi, ma quelli che accettano di parlare di più sono gli statunitensi”. L’iniziativa va avanti da circa tre anni: “In aula si studia in prevalenza la grammatica, laddove sentiamo il bisogno di fare pratica con la conversazione – continuano gli studenti a caccia di turisti – L’inglese oggi è fondamentale per qualsiasi percorso professionale o lavorativo si vuole intraprendere, e ancor prima per i corsi universitari o un eventuale esperienza all’estero”.
In una giornata si fanno non poche conversazioni: “Abbiamo delle domande preparate, scritte su dei cartoncini: sull’età, la professione, gli hobby, per rompere il ghiaccio e per parlare poi di altro ancora – prosegue il racconto -. Alla fine, però, sono sempre i turisti a chiederci cosa vedere a Napoli e dove mangiare una buona pizza o il miglior gelato. Riusciamo così nel nostro intento di fare pratica in inglese e ci sentiamo anche un po’ guide turistiche della nostra città”.
Troppa grammatica in classe?
Tra i banchi si fa troppa grammatica e poca pratica? Il dibattito su questo tema ritorna spesso. A sollevarlo è stato di recente un post su X.
“Frustrante sapere che la scuola italiana normalmente t’insegni un inglese che poi, una volta in cui vai all’estero anche per una settimana, non ti serve a niente perché non hai solide basi per poter riuscire a costruire un discorso utile in molte situazioni. Che non siano neppure in grado di spiegarti come relazionarti con qualcuno, avendo necessità di chiedere qualcosa che magari normalmente all’estero magari non chiederesti solitamente (tipo una medicina, un informazione su un evento, un espressione da usare con un ufficiale)”, questo il contenuto del post.
Ecco altri commenti in merito: “Due grandi lacune nelle scuole italiane in materia linguistica (a partire dall’inglese sono): totale assenza di esercizi di ascolto con madrelingua e parlato per migliorare la pronuncia e il connected speech, totale assenza di insegnamento di linguaggio colloquiale e informale”.
“Ho 22 anni, studio inglese da quando ne avevo 6, elementari, medie, liceo, università, corsi per certificazioni. Ripetevamo sempre le stesse cose Sai cosa me lo ha insegnato? Musica, serie, film, relazionarmi e postare in lingua sui social”.
“Il problema sta proprio alla base. Se il programma ministeriale è ‘lingua E LETTERATURA’ ti ritrovi a studiare Chaucer invece di imparare a chiedere dove sta il bagno a seconda di dove ti trovi e con chi stai parlando”.
“Per la maggior parte dei casi nelle scuole italiane non si insegna una lingua ma una grammatica. In un colpo riescono a fare perdere tempo e risorse e a rendere antipatica una cosa potenzialmente piacevole.
“La scuola ti insegna come studiare l’inglese: sta a te approfondire se sei interessato. La scuola mica è il supermercato delle competenze”.
“Quando sono stata in scambio culturale in Germania le lezioni di inglese erano completamente basate sul dialogo in gruppo e l’ascolto e infatti i ragazzi escono dalle superiori che parlano tranquillamente in inglese”.
Insegnamento dell’inglese a scuola, i dati
È molto difficile trovare un cittadino italiano che nega l’importanza di conoscere e parlare bene la lingua inglese, soprattutto quando si proietta la sua utilità in ambito lavorativo: a confermarlo sono i risultati di una ricerca commissionata da Pearson, editore nel settore education, a Bps Insight, da cui deriva che il 91% degli italiani si dichiara consapevole che l’inglese gioca un ruolo determinante per la propria vita lavorativa. In pratica, la conoscenza della lingua è considerata un vero e proprio fattore di empowerment, soprattutto per le donne per cui la lingua d’Oltremanica diventa un’importante leva per superare determinati gap.
Sul piano pratico, però, sono pochi a dare seguito tale certezza: il 64% degli intervistati ha dichiarato, infatti, di avere imparato l’inglese esclusivamente a scuola, con un percorso medio durato 6,6 anni.
Sempre in Italia, il 23% che ha imparato l’inglese sia a scuola sia all’università. Poco più della metà degli italiani (55%) afferma di aver raggiunto un buon livello di inglese attraverso l’istruzione formale contro il 45% globale.
Nella nostra Penisola, come in altri mercati, l’ostacolo più significativo all’apprendimento dell’inglese è la mancanza di tempo (39%), seguita dal divario tra istruzione formale e requisiti sul posto di lavoro (34%) e limitate opportunità di praticare (32%). Non è un caso che la classificazione di “inglese scolastico” corrisponda a una conoscenza della lingua di livello minimo.
La ricerca – condotta, oltre che in Italia, in Arabia Saudita, Florida, Giappone e Brasile – serviva a “sondare” l’impatto della conoscenza della lingua inglese come carburante per una vita migliore a 360 gradi.