Home Politica scolastica INTERVISTA – Fasce: “Sull’autismo servono più umanità e disponibilità che competenze tecniche”

INTERVISTA – Fasce: “Sull’autismo servono più umanità e disponibilità che competenze tecniche”

CONDIVIDI

Il 2 aprile è stata dichiarata dall’ONU Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo con la risoluzione 62/139 del 18 dicembre 2007

In Italia però la situazione, malgrado il primato in termini di normativa innovativa per l’integrazione totale degli allievi con disabilità nelle scuole, secondo il CENSIS è tra gli ultimi paesi in Europa per quanto riguarda le risorse destinate alla disabilità e le famiglie lamentano la carenza di figure professionali in grado di prendersi cura delle persone con sindrome dello spettro autistico, in particolare nella scuola.

Chiediamo al prof. Paolo Fasce di aiutarci a capire meglio la situazione. Fasce è operatore del CTS di Savona, consulente del Gruppo Asperger Liguria, specializzato con il Master in Psicopedagogia e Didattica degli alunni con Disturbo Autistico, professore a contratto dell’Università di Genova su tematiche afferenti l’uso delle tecnologie nella didattica, curatore del Laboratorio «Educare alle emozioni, autismo e sostegno alla famiglia» nel corso di laurea in Scienze Pedagogiche e dell’Educazione e supervisore nel corso di specializzazione sul sostegno per la scuola secondaria.

 

Quale valore può avere una giornata mondiale sui temi dell’autismo?

L’autismo è un tipo di funzionamento il cui stesso nome è fuorviante perché si ferma a comportamenti esteriori che fanno immaginare queste persone come chiuse e incapaci di empatia o emozioni. E invece si tratta di persone con difficoltà relazionali, ma che provano emozioni e spesso soffrono per l’incapacità di comprendere il contesto nel quale si trovano e per le prevenzioni dell’interlocutore. Si parla proprio di “funzionamento nello spettro autistico” perché l’autismo ha un nocciolo comune che si ramifica in maniera molto varia. Una “giornata mondiale” ha il semplice scopo di diffondere maggiori consapevolezze sociali su questa sindrome.”

 

Cosa manca nella scuola italiana per rispondere correttamente ai bisogni educativi degli allievi con sindromi dello spettro autistico?

Teoricamente non manca nulla. Praticamente manca quella flessibilità che è necessaria per garantire il successo formativo. Mai come in questo caso è l’ambiente che si deve adattare allo studente e le difficoltà sociali di questi soggetti non sempre si giovano della collaborazione dei pari che vanno coinvolti ma in maniera attenta e matura. Se spesso, didatticamente, la parola chiave è l’essenzializzazione, da un punto di vista generale, le maggiori difficoltà le incontrano proprio quei soggetti “ad alto funzionamento” dai quali si hanno grandi aspettative, ma che vanno compresi e accolti.”

 

Una maggiore specializzazione degli insegnanti di sostegno sulla singola disabilità potrebbe essere utile?

Stiamo parlando di una sindrome che, attualmente, è quella con maggiore incidenza. Si parla di un nato ogni 68. Che vada conosciuta meglio è evidente, ma sono i corsi di specializzazione “ordinari” che se ne devono fare carico. Attualmente sono in costruzione “presidi di competenze” proprio entro i Centri Territoriali di Supporto, chiamati a mettere a disposizione competenze utili su piazza. Ogni autistico è diverso dall’altro e, come in ogni disabilità, si tratta sempre di tagliare un vestito su misura. Serve più umanità e disponibilità, a mio parere, che competenza tecnica.”

 

La Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo è quindi un’occasione di condivisione della conoscenza su temi complessi e poco noti riguardanti sia le specificità di questa diversità sia le modalità più corrette per lavorare insieme ad allievi con sindrome dello spettro autistico.

A questo proposito più che figure di sostegno specializzate con laurea magistrale sulle singole patologie, come sembra prospettare la Legge 107/2015, sarebbe forse più efficace una formazione specifica agli interi consigli di classe che di volta in volta accolgono allievi con sindromi specifiche, più approfondita per l’insegnante di sostegno.

Ciò garantirebbe la presenza di insegnanti che siano tali a tutti gli effetti (non figure unicamente formate per il lavoro con gli allievi con disabilità, ma veri insegnanti contitolari della classe) con in più una specializzazione per le attività di sostegno, la cui caratteristica principale sia quella di saper essere coordinatori pedagogici dei consigli di classe per l’integrazione e l’inclusione di tutti gli allievi.

Il disagio espresso dalle famiglie, relativo alla scarsa professionalità, deriva probabilmente anche dal fatto che per cinque anni non sono stati attivati i corsi di specializzazione. Attualmente siamo al secondo anno dei nuovi corsi e, dal mio punto di vista di docente di laboratorio e tutor coordinatore del tirocinio per il corso dell’Università degli Studi di Torino mi pare che ci siano ottime prospettive di veder uscire insegnanti specializzati con un alto livello di professionalità e di passione per il proprio lavoro.

Prima di fare ulteriori modifiche attenderei quindi di osservare i risultati del lavoro di questi nuovi insegnanti specializzati.