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L’altra faccia della spending review della scuola

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Quando si parla di spending review della scuola il coro di critiche è unanime e condiviso. Esiste una diffusa convergenza di pensiero sul fatto che si tratta di veri e propri tagli e non di una semplice riorganizzazione della spesa. 
È parere diffuso che, con il decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012, convertito successivamente nella legge n. 135 entrata in vigore il giorno di ferragosto, i diritti del personale della scuola più debole e indifeso sono stati duramente colpiti. In particolar modo odiosi sono stati considerati i diritti lesi del personale precario, che pur avendo l’impossibilità di fruire di ferie, non avrà monetizzato un diritto acquisito, i diritti lesi del personale inidoneo all’insegnamento per motivi di salute, che subirà oltre che un mortificante passaggio di profilo anche un trasferimento d’ufficio, i diritti lesi per poter andare in pensione, concessi in altri comparti, ma negati ottusamente al personale della scuola della classe 1952. Tanto per intenderci, si tratta dei diritti rivendicati dal comitato “Quota 96”, ma respinti anche in conversione in legge della spending review. C’è anche una diversa opinione della spending review della scuola che ne mostra l’altra faccia. 
Una faccia positiva, una chiave di lettura volta a non considerare la legge come lesiva dei diritti dei più deboli, ma piuttosto come processo di riorganizzazione e di riqualificazione del suo personale. A fare queste considerazioni positive sulla spending review è l’insegnante Donatella Purger. Infatti per la Purger il fatto di utilizzare, i docenti in esubero in taluni insegnamenti, su altre classi di concorso in cui non sono nemmeno abilitati, al posto del personale precario abilitato e con esperienza in tale insegnamento, è da considerarsi una normale e buona procedura. 
La Purger afferma: “tutti timori comprensibili dal punto di vista umano, quelli dei precari che vedono assottigliarsi sempre di più gli spazi per entrare nel ventre di quel carrozzone che è stato la scuola per decenni, ma forse bisogna ricordare che se per un’organizzazione è necessario risparmiare, è inevitabile utilizzare lavoratori di cui si dispone piuttosto che assumerne di precari”, continua affermando “il precariato è un fatto patologico da rimuovere e non un diritto da difendere”.
La professoressa conclude il suo punto di vista affermando: “in una situazione drammatica per il Paese tutti sono chiamati a fare sacrifici: docenti inidonei o in esubero e insegnanti tecnico pratici verranno utilizzati diversamente da come lo sono ora, ma non perderanno il loro posto di lavoro. I lavoratori della Wind Jet e dell’Ilva o delle tante piccole aziende che chiudono i battenti hanno ben altri pensieri, per loro il rischio non è di spostarsi in provincia o in altre mansioni ma di non lavorare affatto”. 
Questa è l’altra faccia della spending review della scuola, che valuta questa legge su parametri ragionieristici e di sfruttamento all’osso delle risorse umane e finanziarie, ma non tiene in alcun conto dei contraccolpi, anche di natura didattica che scaturiranno da questi provvedimenti.