Home Archivio storico 1998-2013 Precari L’urlo dei precari: il governo Monti peggio di Berlusconi!

L’urlo dei precari: il governo Monti peggio di Berlusconi!

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Cambia il governo, ma per i Coordinamenti dei precari della scuola non c’è mai pace. Quando si attuano tagli, infatti, sono i primi a vacillare. Con molti di loro che perdono le supplenze annuali e si devono accontentare, se va bene, di quelle temporanee. Hanno sperato che l’esecutivo tecnico, con premier Mario Monti, potesse essere in grado di fermare l’ondata di tagli attuati dal governo del suo predecessore, Silvio Berlusconi. A distanza di soli sei mesi dall’avvicendamento, però, si dicono fortemente delusi. Anzi, addirittura danneggiati. Sostengono di essere al centro di un’azione continua, capillare e sistematica, che si snoderebbe su un piano di ridimensionamento dei fondi per l’istruzione, a cui si accompagna la crescita esponenziale del fenomeno del precariato, l’accorpamento degli istituti, sino alla vera e propria privatizzazione della scuola pubblica.
I provvedimenti che abbiamo subito come lavoratori della scuola, insieme a quelli che riguardano in generale il lavoro, procedono secondo un ritmo – si legge in un comunicato del Cps firmato da diverse sigle regionali – che è notevolmente accelerato rispetto alla fase precedente: la riforma delle pensioni, che costringe gli insegnanti a rimanere a scuola sino alla tarda età bloccando il turn-over e quindi le nuove immissioni; le proposte spot del ministro Profumo su un concorso fatto mentre il Governo continua a discutere di riduzione dell’organico; la sperimentazione in Lombardia sulla chiamata diretta da parte dei Presidi; l’azzeramento dell’articolo 18 che favorisce la libertà di licenziamento e non esclude affatto il settore pubblico; il dimensionamento; e, per concludere, dulcis in fundo l’attuale approvazione nelle Commissioni di Camera e Senato, evitando così la discussione in aula, del Pdl Aprea sulla riforma degli organi collegiali e, più in generale, sul progetto di privatizzazione della scuola”.
Poi, notizia di questi giorni, è arrivata anche la “stretta” derivante dello ‘Spending review’. Per i precari non ci sono dubbi: garantire il rapporto privatistico tra dirigente ed insegnante, oltrepassando ogni principio di carattere generale nel reclutamento significa di fatto avere una scuola che di pubblico ha solo il nome. Per questa lunga serie di motivi hanno deciso di lanciare un appello a tutti i movimenti, le associazioni e le organizzazioni, invitandoli ad un incontro-assemblea che si svolgerà a Roma domenica 6 maggio, alle ore 10, all’interno del teatro occupato “Volturno”, in via Volturno 37. L’obiettivo del Cps è bissare proprio la Roma la riuscita manifestazione svolta lo scorso 21 aprile a Milano. Capoluogo di quella Lombardia, dove si darà il “via a privatizzazioni, esternalizzazioni, contratti selvaggi e sistemi di reclutamento diversi”, con evidente “malversazione dei fondi statali a favore di lobby economiche e di potere”.
Le possibilità che la protesta riesca ad incidere sul piano politico non solo tante: il governo si è posto precisi impegni finanziari. E non tornerà facilmente indietro. Soprattutto sulle decisioni prese e i provvedimenti approvati (come la riforma delle pensioni). In compenso, i precari non sono gli unici a parlare di accanimento contro determinati settori e categorie. Secondo il leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, una cosa è eliminare la marea di auto blu che ci costano un occhio della testa, un’altra dare il colpo di grazia a un’amministrazione della giustizia che è già in ginocchio. Una cosa è eliminare le spese militari immense e inutili come lo sciagurato acquisto dei caccia F-35, che dovrebbero essere adesso ‘solo’ 90 per una spesa di circa 10 miliardi di euro, tutt’altra cosa intervenire sugli effettivi delle forze dell’ordine o sulle loro dotazioni tecniche. Una cosa è ridurre davvero e non solo per gettare polvere negli occhi i costi della politica, un’altra cosa, diametralmente opposta, è tagliare i fondi per la pubblica istruzione.
Anche la Banca centrale europea, pur indicando la necessità di incentivare concorrenza e liberalizzazioni, sostiene che l’unica vera misura di taglio di costi della politica sarebbe quello di “accorpare le province. Un provvedimento che il governo Monti aveva preso in considerazione all’indomani del suo insediamento. Poi, però, a distanza di qualche settimana ha specificato che le province giungeranno sino al termine del loro mandato, che significa primo semestre 2013. Nel frattempo migliaia di precari della scuola avranno già perso il posto.