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La formazione dei docenti ai tempi della Buona Scuola

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Cobas Scuola propone un’analisi della nuova formazione dei docenti alla luce della legge 107. Riportiamo il comunicato che ci è giunto in redazione.

La Legge n. 107/2015 (la cosiddetta “buona scuola”) art. 1, comma 124 definisce la formazione dei docenti di ruolo “permanente, strutturale e obbligatoria”. Si tratta di un segmento molto rilevante della riforma renziana, perché è uno degli strumenti centrali della trasformazione della scuola.

Il “Piano per la formazione dei docenti 2016-2019” propone un modello di didattica che invece di essere efficace, consapevole e qualificante rischia di diventare unidirezionale e mortificante. Il Piano punta ad esempio:

– sulla didattica digitale, come se l’apprendimento digitale fosse automaticamente sinonimo di qualità;

– sull’inclusione, richiamo demagogico che male si accorda con i tagli continui al sostegno;

– alla didattica per competenze, che emargina sempre più i “saperi”;

– all’alternanza scuola-lavoro, senza recepire minimamente quanto di negativo sta emergendo rispetto a tale pratica, che spesso si contrappone proprio alla didattica.

Insomma, tutto, tranne che aggiornarci seriamente su ciò che dovremmo conoscere e approfondire per poter insegnare al meglio. L’aggiornamento è prezioso, ma con contenuti certamente diversi.

È dunque necessario intervenire a livello di scuola sulla questione della formazione e dell’aggiornamento, visto che i margini di scelta ci sono.

Ecco alcune indicazioni pratiche da seguire nei Collegi Docenti:

1. La legge non definisce alcun tetto di ore, anzi la nota del MIUR del 15 settembre 2016 intitolata “Prime indicazioni per la progettazione delle attività di formazione destinate al personale scolastico” dice esplicitamente: “Le azioni formative per gli insegnanti di ogni istituto sono inserite nel Piano Triennale dell’Offerta formativa, in coerenza con le scelte del Collegio Docenti che lo elabora sulla base degli indirizzi del dirigente scolastico. L’obbligatorietà non si traduce, quindi, automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del piano”. Inoltre, nel “Piano Nazionale della Formazione” recentemente emanato dal MIUR non c’è alcuna quantificazione temporale delle unità formative (in cui si devono articolare le attività di formazione).

Inserire nel PTOF un numero minimo di ore da svolgere in forma perentoria significherebbe non solo non seguire le indicazioni del Miur, ma prevedere orari di servizio obbligatori diversificati per ogni Istituzioni scolastica a fronte di una stessa retribuzione ordinaria prevista dal CCNL. Né tantomeno si può ipotizzare una significativa retribuzione accessoria, considerando sia l’esiguità del FIS che il carattere obbligatorio della formazione.

2. La formazione e l’aggiornamento si fanno in servizio. La legge n. 107/2015 propone un nuovo quadro di riferimento per lo sviluppo professionale di tutti gli operatori della scuola, in particolare per quanto concerne la formazione del personale docente. Nello specifico, al comma 124 si legge: “nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”, ma la stessa legge non modifica la modulazione delle ore di servizio così come stabilite dal vigente CCNL.
Per evitare problemi interpretativi si ricorda che: 
Gli obblighi di lavoro del personale docente sono articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali alla prestazione di insegnamento (comma 4, art. 28, CCNL 2006/2009). Oltre l’orario di insegnamento (25 ore settimanali per la scuola dell’infanzia; 22+2 ore di programmazione per la scuola primaria; 18 ore per la scuola secondaria di primo e di secondo grado) sono previste le attività funzionali all’insegnamento, che non riguardano però la formazione: lo stesso contratto ribadisce infatti che gli insegnanti hanno diritto alla fruizione di cinque giorni nel corso dell’anno scolastico per la partecipazione a iniziative di formazione con l’esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi vigente nei diversi gradi scolastici (comma 5, art. 64, CCNL 2006/2009). Risulta quindi illegittimo inserire le attività di formazione all’interno delle 40+40 ore di carattere collegiale, che riguardano ben altri aspetti della funzione docente, così comeillegittima è l’imposizione di corsi pomeridiani.

3. La formazione e l’aggiornamento devono essere liberi e consapevoli. Secondo il “Piano per la formazione dei docenti 2016-2019”,La formazione liberamente affidata all’iniziativa dei singoli docenti contribuisce alla crescita dell’intera comunità professionale e diventa uno stile di lavoro collaborativo. A tal fine è prevista la possibilità di autogestire e autofinanziare gruppi di ricerca, comunità di pratiche e laboratori da parte dei docenti anche in coerenza con quanto la scuola progetta nel proprio piano di formazione”.

Dunque deve essere garantita la piena salvaguardia del principio della libera scelta da parte del singolo docente. Partendo dai nostri bisogni reali, è possibile adempiere alla formazione seguendo corsi di aggiornamento scelti liberamente o anche provvedendo autonomamente al proprio aggiornamento (mediante autocertificazione delle ore impiegate per lo studio di libri, materiale online, articoli di quotidiani o di riviste specializzate, fonti normative) o procedere alla costituzione di gruppi che autogestiscano il proprio percorso.

 

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