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La richiesta di trasparenza nel concorso a ds si è data alle buste

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Sin dal suo inizio il concorso per Dirigenti scolastici è stato oggetto di polemiche, ricorsi amministrativi, ordinanze e discussioni più o meno accese, che hanno coinvolto gran parte dei suoi protagonisti, e avevano quasi tutte come oggetto del contendere la regolarità e la trasparenza delle procedure concorsuali. L’ultima tegola sul concorso in ordine cronologico è quella dell’annullamento delle prove scritte nella regione Lombardia, e anche questa sentenza amministrativa gira intorno a un concetto di trasparenza.
In un altro intervento sul concorso DS, parlavamo della metamorfosi del ricorso, passato da quello dell’errore docimologico delle domande a risposta multipla nella prova preselettiva a quelli più articolati sulle griglie di valutazione e sulle composizioni delle commissioni regionali.
Anche il concetto di trasparenza in questi otto mesi si è evoluto. Infatti, si è passati dalla trasparenza delle procedure concorsuali, utile ad avere una ricaduta significativa sulla efficienza dei servizi pubblici e sulla qualità delle loro prestazioni ai cittadini (i partecipanti al concorso ds prima di essere docenti sono cittadini), alla trasparenza delle buste che contenevano i dati anagrafici dei concorrenti nella regione Lombardia.
Trasparenza c’è stata, ma non quella voluta. Per comprendere la gravità, in termine di immagine della amministrazione, nei confronti dell’opinione pubblica italiana, ma soprattutto estera, tentiamo un paragone con le gare di appalto.
Immaginiamo una gara d’appalto al ribasso, dove ogni appaltatore chiude in busta il suo preventivo. Immaginiamo che le buste siano trasparenti e visibili in controluce, in modo tale da rendere visibile ogni proposta fatta. In questo caso è facile intuire che la gara d’appalto possa essere definita “truccata”.
I margini nel tentare di trovare punti comuni di interesse tra i partecipanti alla gara, per mantenere in piedi la stessa, sono praticamente nulli. Ogni azione di mediazione è controproducente all’immagine deontologica dell’amministrazione responsabile della gara d’appalto, perché all’esterno potrebbe essere percepita come “inciucio” di casta.
Bisogna fare ex novo tutta la gara d’appalto, trovando i responsabili dell’errore.
Già il caso delle buste trasparenti è un errore, che ha un costo per il contribuente. Il coinvolgimento del contribuente che paga le tasse, è sintetizzato dal possibile danno erariale causato dal rifacimento delle prove, in quanto cambiando la commissione (per motivi di anonimato delle prove scritte)@, questa deve essere retribuita secondo criteri già stabiliti, ovvero un “compenso base” da 251 euro per il presidente e 209,24 per ogni componente, più un integrativo di 50 centesimi per ciascun elaborato o candidato esaminato.
In conclusione possiamo dire, in periodo di spending review, Pantalone continua a pagare.