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La sentenza della Consulta scatena opposizione e sindacati

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È di vaste proporzioni lo schieramento politico e sindacale che si è venuto a costituire all’indomani delle sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittime le parti del decreto 133/08 attraverso cui si sarebbe dovuto realizzare il dimensionamento degli istituti. La necessità, espressa dalla Consulta, di non delegare questo tipo di interventi allo Stato è il leitmotive delle critiche giunte nei confronti del Governo da più fronti. Evidentemente, il commento a caldo rilasciato dal ministro Mariastella Gelmini, secondo cui i nodi messi in evidenza dalla Corte sarebbero già stati ampiamente superati grazie agli accordi presi in sede di Conferenza Stato-Regioni, non è bastato a placare gli animi.
Iniziamo dal partito con più preferenze all’opposizione. “La Corte costituzionale conferma tutti i dubbi espressi dal Pd e dalle Regioni sulla legittimità dei provvedimenti del Governo sulla scuola pubblica”, ha detto il responsabile Economia del Partito democratico, Pier Luigi Bersani. “Procedere a testa bassa senza tener conto delle richieste del sistema delle autonomie e delle esigenze di migliaia di famiglie interessate alla scuola pubblica – ha continuato Bersani – ha portato ad una chiara smentita delle scelte del Governo”.
Un concetto ribadito da Mariapia Garavaglia, ex ministro dell’Istruzione del governo ombra del Pd, che sottolinea come il suo partito avesse annunciato da tempo i limiti di questo tipo di orientamento politico, “ma il Governo non ci ha neanche risposto. Ora la Consulta ci dà ragione. Il governo Berlusconi – continua Garavaglia – aveva varato un provvedimento anticostituzionale e, con buona pace del ministro Gelmini, che parla sempre di autonomia, palesemente centralistico”.
Secondo Pina Picierno, responsabile legalità del Pd, il parere della Consulta è la conferma che “la riforma del ministro Gelmini non precipiterà solo la scuola nel più totale caos normativo. Secondo la Corte costituzionale, essa prevarica in parte anche le competenze delle Regioni”. Ma non solo: “il messo in campo dal ministro – sostiene Picierno – calpesta anche l`autonomia di Regioni ed Enti Locali: ma questo non era il Governo del federalismo?”.
Per il capogruppo dell’IdV in commissione Istruzione al Senato, Fabio Giambrone,”tutte le preoccupazioni dell’Italia dei Valori – afferma l’esponente dipietrista – sono state confermate dalla sonora bocciatura della Consulta. Ora il Governo non potrà che fare retromarcia in merito alle assurde decisioni prese sulla scuola pubblica e dovrà avviare un tavolo di concertazione con enti locali e organizzazioni di categoria per superare questa brutta pagina dell’istruzione italiana”.
Anche pr la deputata dell`Udc Luisa Capitanio Santolini, componente centrista della commissione Cultura della Camera “la sentenza della Corte costituzionale era prevedibile: avevamo accolto con favore – aggiunge – le rassicurazioni del ministro Gelmini, rese un anno fa in commissione Cultura, con cui aveva escluso l`intenzione di intervenire drasticamente per evitare al comparto ulteriori scossoni dopo le riforme introdotte una dietro l`altra negli ultimi anni. Comprendiamo che la titolare dell`Istruzione abbia invece dovuto fare ben presto i conti con il pressing del Tremonti. Il tentativo del ministro Gelmini di salvare comunque i contenuti della sua riforma, minimizzando la sentenza di ieri della Consulta, non è un segnale incoraggiante”, ha concluso Santolini.
Non meno “tenero” con le scelte intraprese dal Governo è anche il fronte del sindacato scolastico. Per il segretario generale dello Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi, la sentenza della Consulta “è l’occasione per riaprire un confronto su tutta la questione che non deve escludere i soggetti che rappresentano la scuola reale: famiglie ed operatori della scuola”. 
Ancora più duro è il giudizio della Flc-Cgil: “è sempre più evidente –ha detto il leader Mimmo Pantaleo – come nella scuola il Governo procede senza rispettare le leggi e la Costituzione. Il ministro Gelmini non può chiudere o scorporare le scuole nei piccoli comuni. La Corte ribadisce che il sistema generale di istruzione per sua natura riveste carattere nazionale, mettendo fine ai tentativi di regionalizzare il sistema scolastico”.
L’Anief, l’Associazione nazionale educatori in formazione, starebbe già valutando, attraverso il proprio ufficio legale, se la sentenza possa essere utile per ricorrere al Tar puntando alla sospensione immediata dello schema di regolamento recante le “norme per la riorganizzazione della rete scolastica” approvato dal Consiglio dei ministri il 27 febbraio scorso: “l’articolo 1 stabiliva infatti – spiega il presidente Anief, Marcello Pacifico – che un successivo decreto di natura regolamentare avrebbe fissato i criteri per l’attuazione del piano programmatico del dimensionamento scolastico”. E poiché ieri i giudici della Corte hanno dichiarato che tempi, criteri e modalità di dimensionamento scolastico debbano essere stabiliti dalle singole regioni “secondo le proprie peculiarità e non da un regolamento”, il sindacato dei docenti in formazione procederà al ricorso. “Se sarà accolto – è convinto Pacifico – saranno bloccati temporaneamente i tagli previsti per il prossimo triennio, e forse, si aprirà un serio momento di riflessione tra Miur, associazioni e sindacati per poter ottimizzare le risorse esistenti”. 
Anche Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale Dirigenti e alte professionalità, prende infine spunto dalla sentenza per ricordare la necessità di “abbandonare la politica dei bassi investimenti: i risparmi derivanti dalle riforme devono essere destinati alla stessa scuola non al 30%, come previsto oggi, ma al 100%”.