Home I lettori ci scrivono La tolleranza degli insegnanti: esiste una soglia? Quanto devono sopportare?

La tolleranza degli insegnanti: esiste una soglia? Quanto devono sopportare?

CONDIVIDI

Esiste una soglia di tolleranza oltre la quale gli insegnanti sono capaci di reagire corporativamente ai continui soprusi subiti da un’utenza sempre più arrogante e violenta e contrastare poi anche il vertiginoso calo di immagine subito dalla categoria? È mai possibile che si rischi costantemente di essere malmenati per una valutazione insufficiente in una verifica? Ultimo, in senso cronologico, è il caso dell’insegnante di Castellammare di Stabia che con 35 anni di servizio alle spalle si è vista prendere a schiaffi da una mamma adirata per un brutto voto portato a casa dalla propria figlia. La tolleranza inerte della categoria docenti non riguarda soltanto fatti di tal genere ma sembra riguardare ogni aspetto della vita professionale. Gli insegnanti non sembrano indignarsi più di tanto quando, ad esempio, vengono avallate in sede di scrutinio situazioni meritorie altamente discutibili.

Sembra quasi faccia piacere avallare l’impreparazione e l’ignoranza dei propri alunni. Io non credo che sia solo per paura di essere malmenati da qualche genitore squilibrato! Avallare e difendere una condizione formativa carente, quando non ci sono le premesse per farlo, è quanto di più sbagliato e controproducente ci possa essere e si possa fare per la crescita dei nostri ragazzi. Quale “etica” sostiene l’operato del corpo docenti di quei consigli di classe quando viene deliberata la promozione di tutti quei “furbi” che pur sapendo di non aver mai fatto nulla, o quasi, durante l’anno scolastico rimangono sereni e tranquilli consapevoli che non verranno fermati?

Non si può certamente credere che gli insegnanti di quei consigli di classe non capiscano che così facendo non solo non stanno aiutando quei “furbi” ma che stanno anche demolendo la voglia di impegnarsi dei più laboriosi. Ragazzi, questi ultimi, che potrebbero raggiungere risultati d’eccellenza ma che vedendo come vanno le cose non si impegnano più di tanto. Infatti, se viene promosso con la sufficienza, o anche più, chi non fa niente per quale motivo dovrebbero loro studiare per prendere magari lo stesso voto? Il programma della disciplina non può essere sviluppato al meglio perché, in una situazione di collettivo disabitudine all’impegno, non ti potrà seguire quasi nessuno se aggiungi qualche chiarimento in più. Così i più meritevoli non possono sviluppare le proprie competenze, come potrebbero. L’appiattimento è una ovvia conseguenza. È proprio questo ciò di cui soffre essenzialmente la Scuola italiana. Il bisogno formativo nei nostri ragazzi si è sopito parecchio, ed una delle cause maggiori di ciò è proprio l’eccessiva premialità non supportata da un reale processo di crescita formativa. Se a questo si aggiunge l’evoluzione dei saperi che impostati sull’utilizzo sempre più incessante dell’informatica e di tutti i dispositivi conosciuti ha reso minimale lo sforzo richiesto per apprendere, basandolo sul più facile approccio visivo più che su quello estrapolativo, nonché la dilagante “cultura” dei social che sovrasta e sostituisce quella tradizionale il gioco è fatto!

Cosa vogliono dunque concludere gli insegnanti? Come possono sperare di essere presi in seria considerazione quando valutano? Cade così ogni criterio docimologico e quindi il genitore che è stato “abituato” a vedere sempre valutazioni positive per il proprio pargolo è portato a pensare che è stata la professoressa o il professore a voler mettere 5 nella prova! Ad offendere quindi ed a demotivare la propria creatura! La cosa poi è ancora più sentita se questo parente diretto vede nella realizzazione scolastica del figlio la propria rivincita sociale. È tutto sbagliato! E gli insegnanti lo sanno molto bene, ma perseverano in questo modo di essere e di fare. Miopi, quantomeno! Per non dire altro. Il futuro dei nostri giovani è nelle loro mani e non si può giocare con la loro futura vita professionale! Se il dirigente vuole che si facciano tutti promossi questo è un problema del dirigente, non del docente. Il docente deve proporre il proprio reale voto, scaturito da tutte le informazioni che sono in suo possesso sul processo formativo del discente. Il voto proposto è frutto di tutto un quadrimestre di attività didattiche e non può essere modificato dallo stesso docente su “gentile richiesta” del consiglio o, spesso, del dirigente! Il consiglio, se lo ritiene necessario, motivi per iscritto perché un 3 in matematica o latino o qualsiasi altra materia debba passare a 6 e non scrivendo semplicemente “…per voto di consiglio”.

Ma la motivazione deve essere seria ed oggettiva. Dove sta l’etica professionale? Fatte salve tutte le problematiche di carattere psico – pedagogico dell’età evolutiva che certamente meritano l’attenzione di tutto il consiglio di classe e che rendono sacrosanto il principio dell’inclusione, tuttavia, bisogna saper distinguere tra caso e caso al fine di promuovere una reale crescita umana oltreché culturale ed etica dei nostri giovani. Se si fa un lavoro serio in classe i risultati formativi si vedono, e come! Tutti gli insegnanti che credono, come me, nella funzione educativa e formativa della valutazione fatta seriamente dovrebbero ribellarsi ed unirsi per denunciare questa degenerazione della professionalità docente, in atto ormai da tanto tempo nella Scuola italiana e che mina le fondamenta della formazione scolastica stessa.

Giuseppe D’Angelo