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Le scuole cadono a pezzi, ma i soldi pubblici si spendono per il riarmo: i giovani della Lega contro il potenziamento Ue dell’industria bellica

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Che futuro può dare ai suoi giovani un Paese in cui le scuole cadono a pezzi, gli investimenti per l’Istruzione e l’occupazione giovanile non decollano, mentre importanti risorse pubbliche vengono utilizzate per il riarmo? A chiederlo pubblicamente, venerdì 25 aprile, ricorrenza della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, è stato Matteo Mauri coordinatore della Lega Giovani Lombardia.

Parlando a Lodi, alla presenza dei cronisti, l’esponente del Carroccio ha detto che “in un momento in cui l’Europa dovrebbe unire i popoli, costruire speranza e rilanciare il Futuro delle nuove generazioni, qualcuno prova a spingerci su un binario opposto: quello del riarmo, della tensione internazionale e delle decisioni prese senza confronto democratico”.

Secondo Emanuele Gimondi, sempre della Lega Giovani, quella a cui stiamo assistendo è “una forzatura che, oltre a minare le regole della democrazia europea, dimostra un’idea autoritaria di potere”.

“La Commissione non può decidere da sola su temi che riguardano il nostro futuro. Soprattutto – ha concluso – di che futuro stiamo parlando? Uno in cui l’Europa investe miliardi in armi mentre tanti giovani lasciano il proprio Paese per mancanza di opportunità? Uno in cui le nostre città chiedono più sicurezza sociale, non militare? Uno in cui le scuole cadono a pezzi e l’occupazione giovanile resta ferma ma si trovano risorse infinite per potenziare l’industria bellica?”

La conclusione è che “la Lega Giovani”, in linea con il partito guidato da Matteo Salvini, “dice no a questo modello di Europa. Non ci serve un continente pronto alla guerra, ci serve un continente pronto al futuro. I giovani non sono spettatori. Siamo il futuro dell’Europa, e questo futuro lo vogliamo costruire, non subire”, ha concluso Gimondi.

Come abbiamo già avuto modo di scrivere, le critiche leghista sono rivolte al Parlamento di Bruxelles che ha dato vita al piano “ReArm Europe”, che comporta una spesa complessiva salatissima, fino a 800 miliardi di euro, che corrisponde alla spesa militare annuale degli Stati Uniti, di gran lunga la più grande a livello mondiale. Con le armi che andrebbero prodotte e acquistate in Europa. A tracciare la strada è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che starebbe spingendo subito per istituire un fondo con una dote di 150 miliardi di euro, il “Security action for Europe”, utile in chiave difensiva del Vecchio Continente.

Tra gli obiettivi chiesti da alcuni Paesi, tra cui l’Italia, vi sarebbe anche l’allentamento del patto di Stabilità, cioè dei vincoli che dovrebbero tenere sotto controllo il deficit e il debito dei singoli Stati.

“Per l’Italia – ha scritto Il Corriere della Sera – significa poter spendere per la difesa 31 miliardi di euro in più. Non è detto, però, che il governo decida di usare tutto questo margine. Motivo? Nel 2024 la manovra di bilancio è stata finanziata anche aumentando il deficit di 15,7 miliardi. I conti pubblici dell’Italia sarebbero in grado di assorbire uno sforamento doppio? Come reagirebbero i mercati finanziari? Sono queste le domande che preoccupano il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti”.

Tra i più contrariati al progetto figura il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, per il quale “con tante esigenze che ci sono in sanità, scuola, sulle pensioni, gli stipendi, su tanto che le famiglie e le imprese chiedono, non si può sentir parlare di 800 miliardi di debito pubblico per comprare armi, mentre i belligeranti Ucraina e Russia, sotto la regia di Trump, sembrano voler collaborare.

A Bruxelles mi sembrano fuori tempo”, ha sentenziato il leader del Carroccio, andando quindi in palese contrasto con la linea di appoggio all’Unione euroopea mostrata in più occasioni dagli altri partiti di Governo, in particolare da Fratelli d’Italia e dalla premier Giorgia Meloni.