Home I lettori ci scrivono Le scuole riapriranno in sicurezza: su quali presupposti?

Le scuole riapriranno in sicurezza: su quali presupposti?

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Nei giorni appena trascorsi abbiamo sentito affermare che dopo le feste le scuole “riapriranno in sicurezza”.

Premesso che appartengo a quella grande maggioranza di docenti che preferiscono la scuola in presenza rispetto alla DaD, non mi è dato però di comprendere su quali presupposti si fonda questa presunta sicurezza, posto che:

  • durante le ultime due settimane, nonostante le scuole chiuse, che significa parecchi milioni di persone in meno con necessità di spostarsi, c’è stata un’impennata mostruosa nei contagi. In assenza – come si constata – di misure precauzionali molto importanti, la riapertura delle scuole ha un potenziale dirompente nel far impennare ulteriormente una curva dei contagi che già in questi giorni ha assunto, nei grafici, le sembianze del Burj Khalifa.
  • non è stato preso alcun provvedimento atto a incrementare le condizioni di reale sicurezza all’interno degli istituti scolastici. Per esempio, nulla è stato fatto, ad oggi, per dotare le scuole di impianti di aerazione. Grave problema, questo. Nelle regioni del Nord il rientro tra i banchi sarà connotato da temperature sotto zero e non c’è una realistica possibilità di spalancare spesso le finestre. Pena il ritrovarsi – alunni e docenti – con bronchiti e quant’altro: decisamente non pare una buona soluzione, se non si ha gusto per il sadismo.
  • nemmeno saranno fornite ai docenti le mascherine FFP2, le uniche a dare qualche garanzia. Quest’ultimo aspetto appare estremamente grave e, more solito, eloquente nell’indicare la considerazione di cui godono gli insegnanti in questo Paese. Lo Stato manda i suoi docenti in trincea – dopo i sanitari quella degli insegnanti è la categoria più esposta – e nemmeno li dota delle mascherine idonee in questa fase esplosiva della pandemia, con una variante che buca i vaccini come il coltello affonda nel burro. Domanda: il personale sanitario acquista per caso a spese proprie mascherine, guanti e camici di cui necessariamente deve disporre? Perché non si adotta lo stesso criterio con i docenti?
  • gli insegnanti sono mandati in trincea, appunto – a chi affermasse che si tratta di un’esagerazione replico chiedendo di indicare in quanti e quali altri ambienti di lavoro, in un periodo come questo, ci si trova in 25 in 50 metri quadrati – dovendo giustamente ottemperare all’obbligo della vaccinazione. Peccato solo che si sia omesso di porre lo stesso obbligo in capo “alle studentesse e agli studenti”. La cui libertà di scelta – per loro e per i loro genitori s’intende – è sacra a quanto pare. Compresa la libertà di contagiare i docenti, evidentemente.
  • Come è scritto nell’appello firmato da ben 1.500 presidi – un record di categoria, suppongo, per una singola istanza – l’“ambiente classe è una condizione favorevolissima al contagio”, anche perché “il distanziamento è una misura sulla carta”. Parole sante. Vengano dal ministero a vedere nelle scuole quanto quella misura è concretamente praticata e praticabile. Perché di teoria, in casi come questo, si può anche morire, quando la pratica se ne discosta di anni luce.

Dovrebbe far specie, infine, il constatare che nella trattazione della problematica del riavvio delle scuole si è sentito un costante – e, francamente, un po’ nauseabondo – riferimento “alle studentesse e agli studenti”, ai loro diritti, mentre mai si è letto o sentito riferirsi ai docenti. Dico “dovrebbe” far specie perché in realtà non sorprende affatto. E’ ormai prassi consolidata, infatti, che i docenti non siano quasi mai interpellati da alcuno su questioni che afferiscono alla scuola. Come se non esistessero. Meglio: come se costituissero degli orpelli del sistema scolastico, anziché la pietra angolare sulla quale esso si fonda e grazie alla quale, bene o male, sta in piedi. Ma tant’è: giornalisti, opinionisti, editorialisti, scrittori e, ovviamente, politici di vario rango e ruolo, ebbene, tutti parlano e scrivono di scuola, tranne i docenti. E, non di rado in questi anni tribolati, lo fanno proprio per sottolineare che “le scuole sono un luogo sicuro”, come tante volte è capitato di leggere e di ascoltare. Il tutto perlopiù secondo la logica che sotto sotto strizza l’occhio al principio dell’“armiamoci e partite”. Una cosa è certa: per chi non ci mette mai piede le scuole sono sempre sicure.

Sergio Mantovani