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Licenziamenti PA, nella scuola più di tutti. Ma 3 procedimenti su 4 non portano a nulla

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È la scuola il comparto pubblico dove si concentra il maggior numero di licenziamenti: nell’anno scolastico 2013/14 sono stati 81, a fronte di 227 in tutta la PA.

Si tratta di numeri davvero risibili, perché nella scuola ad incappare nel licenziamento è un dipendente ogni 10mila. Ed anche sommando i ministeri e gli altri comparti pubblici, su quasi 7mila procedimenti avviati, quelli che si concludono con sanzioni gravi, licenziamenti o sospensioni, sono appena un quarto.

 

I NUMERI

L’entità dei licenziamenti nella PA, che nella scuola conferma quello dell’anno precedente, è stata resa nota sabato 23 gennaio dal ministero della Pubblica Amministrazione, attraverso l’Ispettorato, e complessivamente risulta in leggero aumento rispetto all’anno prima (219).

Gli altri allontanamenti coatti dal servizio si sono registrati nei ministeri e nelle agenzie (77) e nelle Aziende sanitarie locali ed ospedaliere (34). Marginali si possono considerare i 19 licenziamenti riscontrati negli enti pubblici, i 14 nell’università e appena 2 nei Comuni, ma qui il ministero della PA ricorda che la trasmissione dei dati per gli enti territoriali non è obbligatoria.

In generale, tranne che per i reati derivanti da cattiva condotta professionale, i dati sembrano abbastanza in linea con gli anni precedenti.

 

LE CAUSE

Praticamente, almeno un licenziamento su tre (il 38%) è causato da assenze ‘anomale’ dal servizio (ingiustificate, non comunicate nei termini). Si spiegano così 84 licenziamenti, ma in questo caso il valore su base annua scende (nel 2013 erano 99).

Seguono le ‘espulsioni’ dovute a reati (72, valgono il 32% del totale). Mentre in forte crescita (+80% rispetto al 2013) risultano i licenziamenti per cattiva condotta: si tratta di comportamenti scorretti verso colleghi o utenti, che riguardano l’inosservanza delle disposizioni di servizio, la negligenza.

Una parte residua dei licenziamenti è invece connessa ad attività extralavorative non autorizzate, il cosiddetto ‘doppio lavoro’: si tratta di appena 8 casi portati a termine, che a fronte di 227 totali rappresentano appena il 3%).

 

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LA NORMATIVA: COME POTREBBE CAMBIARE

Ben il 10% del totale delle azioni disciplinari, ha detto la Funzione Pubblica, risulta in stand-by. Si tratta di più di 700 casi sospesi in attesa della conclusione dell’iter giudiziario. E’ una quantità abbastanza ridotta, ma è in questo raggruppamento che il Governo pensa di stringere il “cerchio”. Oggi le norme prevedono che all’amministrazione è consentita la sospensione solo nei casi di sanzioni più pesanti e quando risulta difficile ricostruire le prove dell’accaduto. Se la situazione è quindi complessa e in ballo c’è una punizione severa, come appunto il licenziamento, l’azione disciplinare si interrompe fino a conclusione del percorso penale. Occorrerà vedere se qualcosa non cambierà nel testo unico sul pubblico impiego atteso per l’estate. E l’intenzione del Governo – scrive l’Ansa – è proprio quello “di evitare l’arenamento dei procedimenti per vizi formali”. 

 

LE POLEMICHE

Ricordiamo che questi numeri giungono emessi dalla Funzione Pubblica giungono a ridosso della decisione del Governo Renzi di adottare il pugno duro contro il personale pubblico che si macchia di gravi colpi sul posto di lavoro: nei giorni scorsi, sono fioccate le polemiche per l’intenzione di procedere al licenziamento in sole quarantott’ore. Con il leader della Cgil, Susanno Camusso, che ha già messo le mani avanti, perché in così poco tempo non ci sarebbe il tempo materiale per verificare l’accaduto e per dare la possibilità al lavoratore di difendersi.

Ora, anziché focalizzarsi sui tempi ridottissimi per applicare il licenziamento, non sarebbe stato più logico concentrarsi sulle delle nuove norme più adatte a verificare l’ipotetica “colpa” del lavoratore accusato di sanzioni gravi?

 

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