Home Attualità L’umiliazione come pedagogia di questi tempi?

L’umiliazione come pedagogia di questi tempi?

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Così la penserebbe il ministro Valditara, responsabile della scuola e del merito.

Può l’umiliazione essere invocata, come ha dichiarato, come “fattore di crescita” dei nostri bambini e ragazzi, come di tutti noi?

Difficile è essere d’accordo.

A meno di pretendere di sovrapporre persona e comportamenti.

Per questo esiste la scuola, per questo esiste la famiglia.

Appunto, mai confondere tra persona e le sue espressioni di vita.

Perché la persona, tutte le persone vanno rispettate a prescindere.

E non si umilia mai nessuno, perché nessuno ci è nemico, ma solo un altro, un nostro prossimo, sperando nella fraternità universale.

Forse la parola più adatta è umiltà: ognuno di noi “umilmente”, nel rispetto cioè reciproco, possiamo darci una mano per crescere riconoscendoci persone, con valori e limiti, compreso l’auto-aiuto.

Forse è questo auto-aiuto, cioè la responsabilità che è sempre anzitutto personale, che voleva invocare il ministro.

Ma la scelta della parola sbagliata ha fatto intuire che ancora non gli è chiara la distinzione biblica tra amico-nemico, tanto cara a Carl Schmitt, che la considera fondativa della politica, e fraternità, nel senso dell’evangelico grande Discorso della Montagna.

Umiliare gli altri è sempre il lato tragico della vita, il lato demoniaco del nostro essere.

Cose sono le guerre, se non la rappresentazione tragica dell’odio assunto a postulato del nostro vivere?

Mentre il riconoscerci parte della stessa comunità umana, senza distinzioni, ma ognuno secondo la sua libertà e responsabilità, è il dato qualitativo di una società che vorrebbe sempre essere qualificata come umana.

Se la famiglia, e poi la scuola, come una società non fanno questo, a che pro?

Noi non siamo “lupi” gli uni verso gli altri come pretendeva Hobbes, ma esseri con diritti e doveri, con talenti e capacità ma anche con fragilità. E riconoscerci parte dello stesso destino solidale è compito di ciascuno, al di là delle inevitabili differenze.

In questo cammino le differenze allora non diventeranno muri da costruire, ma ricchezze da condividere, al di là di ogni conformismo ed omologazione. Cioè spazio di libertà di ogni società aperta.