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L’Unione degli Atei contro il Comune di Roma: “Perché assumere 50 docenti di religione cattolica?”

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Il Comune di Roma ha indetto, lo scorso 26 settembre, un concorso per 50 Insegnanti di Religione Cattolica da impiegare a tempo pieno presso le Scuole dell’infanzia della Città.

La selezione, con scopo di stabilizzazione, era riservata al personale che ha già maturato 3 anni di servizio alle dipendenze dell’Ente.

Bando Concorso Insegnanti Religione Roma Capitale

L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ha presentato ricorso (depositato il 30 ottobre scorso), con il quale chiede l’annullamento, previa sospensione cautelare, della deliberazione della Giunta capitolina n. 168 del 28 luglio 2017 e del conseguente bando di concorso.

“All’origine di questo ricorso non c’è la volontà di contestare le ben due ore settimanali di religione nella scuola materna”, commenta Adele Orioli, responsabile iniziative legali dell’Uaar: “Ovviamente non vediamo la necessità di un simile indottrinamento su bambini così piccoli, ma finché sarà in vigore il Concordato la situazione sarà questa”.

“Ciò che contestiamo – spiega Orioli – è che la Giunta Raggi abbia deciso, nonostante il grave deficit di organico nelle scuole, di indire un bando ad hoc per soli insegnanti di religione, sottraendo posti a insegnanti generici per tutti gli alunni. Insegnanti entro i quali poi il Vicariato avrebbe comunque potuto individuare, secondo le norme vigenti, quelli disponibili anche all’Irc. Con questo bando invece una Giunta, pressoché immobile in altri campi, si è mossa con celerità, discriminando di fatto e di diritto tanto i bambini non avvalentesi quanto gli stessi insegnanti generici, ai quali verranno sottratti posti a tempo indeterminato”.

La delibera inoltre non prevede neppure che l’assunzione possa essere revocata a seguito di mancata conferma del nulla osta del vescovo o per ragioni che nulla hanno a che fare con le capacità dell’insegnante, come ad esempio “per condotta morale pubblica in contrasto con gli insegnamenti della Chiesa”.

“Ne consegue – evidenzia Orioli – che se uno di questi docenti per esempio divorziasse, si ritroverebbe assunto a tempo indeterminato dal Comune senza però poter esercitare”.

“La percentuale di alunni che non si avvale dell’Irc è in crescita anche nelle scuole dell’infanzia e dunque il Comune, anziché farsi carico di insegnanti specifici dal futuro incerto, dovrebbe concentrarsi sulle necessità della scuola nel suo insieme”.