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Meglio un “asino” vivo o un dottore morto?

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Da quanto è stato detto nel corso dell’audizione in commissione Bilancio di Camera e Senato sulla spending review, si potrebbe dedurre che la quota di spesa sanitaria salita di 5 punti percentuali dal 32 al 37% sia stata pagata dal taglio della spesa per la scuola, scesa dal 23 al 17%.
Drenare risorse economiche dalla scuola significa abbassare i livelli di competenza e conoscenza delle future generazioni, con tutte le conseguenze che una nazione potrebbe incontrare nella competitività globalizzata, in altre parole con tutte le conseguenze che una nazione potrebbe incontrare con una popolazione ricca di “asini” incolti e povera di dottori preparati. Allo stesso modo la sanità ha un suo ruolo strategico, perché investe e condiziona la salute e lo star bene di un’intera popolazione. Il dubbio nasce spontaneo: meglio un “asino” vivo o un dottore morto? Sicuramente meglio un dottore competente ed ben tutelato ed assistito nella propria salute. 
Spesso, però, le cronache di ogni giorno ci riferiscono di episodi sia sulla mala sanità che sulla fatiscenza di strutture scolastiche quasi al collasso. Verrebbe da pensare, al netto di tutti i passaggi di bilancio, che nel nostro Bel Paese potremmo trovarci fra qualche tempo non molto lontano, se non si intraprende una vera politica del merito, in presenza di molti “asini” morti.